Conte, Capello e la faida juventina

Dopo avere battuto il Chievo però Conte è entrato in tackle. Pesante. Tralasciamo pure la polemica sugli scudetti revocati, con una frase che stupisce se detta da uno juventino duro e puro come lui. una frase che poi, tv dopo tv, si è ammorbidita per evitare male interpretazioni. (Umberto Zapelloni, Gazzetta dello sport) Non sappiamo […]

Dopo avere battuto il Chievo però Conte è entrato in tackle. Pesante. Tralasciamo pure la polemica sugli scudetti revocati, con una frase che stupisce se detta da uno juventino duro e puro come lui. una frase che poi, tv dopo tv, si è ammorbidita per evitare male interpretazioni. (Umberto Zapelloni, Gazzetta dello sport)

Non sappiamo se avesse studiato tutto o se gli sia scivolato inavvertitamente il piede dal freno, ma Conte ieri ha detto qualcosa di molto poco juventino. Furibondo per certe affermazioni di Capello ha disintegrato l’avventura bianconera dell’attuale ct della Russia: “Qui non ha mostrato un gran gioco e i suoi due scudetti sono stati revocati”. Revocati? Mannò, per tutta la Juve quei due scudetti esistono. Il mondo bianconero ha combattuto per riottenerli, ancora non si è arreso all’idea di averli persi, ne ha fatta quasi una ragione di vita: non siamo a ventinove, siamo a trentuno. Tanto che quel numero, trentuno, è scolpito enorme perfino sullo Juventus Stadium, in barba a verdetti e giudizi, consigli e opportunità. In un istante, con una parola, Conte ha cancellato otto anni di lotta: “Revocati”. Roba da interisti, magari da granata; roba che suona stranissima in bocca a uno che è bianconero nell’anima. (Stefano Agresti, Corriere dello sport)

C’è qualcosa di più profondo che abbraccia gli ultimi 50 anni di storia della Juve. Un mezzo secolo diviso in tre epoche: quella di Trapattoni, quella di Lippi e quella adesso di Conte. Diverse generazioni di dirigenti, tecnici e giocatori. Veri gruppi, veri branchi di fuoriclasse che hanno nel tempo gareggiato a chi era più forte. Dirigenze storiche, da Boniperti a Giraudo, da Gianni Agnelli a Umberto, fino ad Andrea. Modi diversi di essere società, giocatori e fenomeni. La scoperta è che nessun gruppo ha mai amato l’altro, ognuno rivendica la propria migliore età. Questo racconta bene come Conte veda in Capello un avversario ingiusto. Lui non c’era quando si faceva una grande Juve. C’ stato solo quando l’hanno distrutta. non può esserci dialogo. Per Conte, Capello non ha sufficiente nobiltà. Per questo lo condanna fin quasi a rischio di condannare da solo la Juve stessa di quegli anni. (Mario Sconcerti, Corriere della sera)

C’è più puzza in casa d’altri? Dei suoi due anni ricordo non tanto gioco e due scudetti revocati? A parte la contabilità, che non credo il revanscimo bianconero avrà apprezzato, e se domani don Fabio, che qualche altro scudetto tra parentesi lo ha vinto, a Milano, Roma e Madrid, si ricorda a sua volta di una squalifica per omessa denuncia? (Gigi Garanzini, La Stampa)

Non un’intervista, ma un regolamento di conti, anzi di Conte. Mai successo in tanti anni di storia bianconera che due icone della panchina litigassero come un John Elkann e un Della Valle qualunque, anzi veramente è solo uno che litiga. Una reazione che forse sarà sembrata scomposta anche alla Juventus, perché un certo tipo di passato resta materiale esplodente e andrebbe maneggiato con più cura. C’è sempre il rischio che qualcuno si rimetta a contare gli scudetti, veri o presunti, e così non si finisce più. (Maurizio Crosetti, la Repubblica)

In fondo è un po’ quello che è successo a Lichtsteiner, quando ha ciabattato la palla contro il popò di Caceres, provocando il più rocambolesco degli autogol. Ecco, sì, anche Conte ha fatto autogol: davanti ai microfoni di Sky, e, dopo, nella conferenza stampa urbi et orbi” (Vittorio Oreggia, Tuttosport)

Noi juventini irriducibili già sapevamo che avremmo amato Antonio Conte non per la raffinatezza delle sue glosse a Krisis di Massimo Cacciari, né per i suoi modi salottieri e felpati. (…) Ed è chiarissimo che Conte mai e poi mai ha pensato che nel cuore di ogni tifoso juventino gli scudetti vinti sui campi siano 31 e non 29. Ed è chiarissimo che la sua apocalittica arrabbiatura con la squadra dopo Verona è motivata dalla paura di non vincere il 32° scudetto, e non già il 30°, come sarà nelle tabelle ufficiali. Per cui non esultate, Conte è solo molto inalberato e non è un pentito. Mettetevelo bene in testa. Per almeno 31 volte” (Pierluigi Battista, Corriere della sera)
Il Ciuccio

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