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La prima bandiera di Benitez al San Paolo: l’omaggio del Napolista a Rafa

Rafaeliti. Così ci definimmo a inizio campionato. Anzi, per la precisione, dopo l’1-1 interno col Sassuolo, prima battuta d’arresto del Napoli targato Benitez. Entusiasti dal primo momento per l’arrivo di un allenatore che avesse già vinto tutto (dalla Champions alla Europa League, due volte) e che conoscesse il calcio internazionale. Un tecnico capace di riaccendere i riflettori dell’Europa su Napoli e sul Napoli. A suo tempo elaborammo un manifesto, che qui riproponiamo. E che noi continuiamo a sottoscrivere. Più sicuri che mai.

Ora qualche mese è trascorso. Ciascuno ovviamente trae il proprio bilancio. La situazione di Napoli e dei tifosi del Napoli la conosciamo. È una situazione che, fuori, qualcuno considera paradossale. Comunque la tifoseria è certamente divisa. Anzi, paradossalmente, le lungaggini del mercato del Napoli hanno finito col ricompattarla. Le divisioni non sono più, o non tanto, tra sostenitori e detrattori di Benitez (anche perché i pessimi risultati fin qui conseguiti da Mazzarri hanno consigliato i suoi fan a cambiare discorso), ma tra coloro i quali ancora credono o sperano negli acquisti di gennaio e chi invece si prepara a gridare all’ennesima promessa non mantenuta.

Fatto sta che in questi mesi, a nostro avviso, Benitez ha modificato radicalmente l’impianto di gioco del Napoli. Ha portato una nuova mentalità, sconosciuta per Napoli (fatta eccezione la gloriosa formazione di Vinicio): provare a fare sempre un gol in più dell’avversario. A dire il vero insolita per lo stesso Rafa, fin qui noto per essere un incallito difensivista più adatto a non fare giocare l’avversario che a offrire spettacolo. Le sue parole furono chiare sin dal ritiro. E il Napoli in effetti ha quasi sempre provato a fare la partita. Fin qui le migliori performance le ha offerte in Europa, dove siamo usciti dalla Champions nel modo che ben conosciamo.

Sembrerà un nostro voler mettere le mani avanti per il mercato, ma non possiamo non dire che Rafa ci sta insegnando quanti conti il lavoro su un giocatore. Aveva cominciato con Mesto, tra le nostre risatine, così come avevano sorriso quest’estate quando predisse tra i dieci e i venti gol per Callejon. Probabilmente per necessità, ma ha dato fiducia a Fernandez. Così come ci sta provando con Zapata. Senza mai rinnegare l’importanza di acquistare giocatori di qualità, che realmente ci facciano progredire. È il valore dell’insegnamento, molto caro a Liedholm. Quando gli dissero che aveva bisogno di un terzino, lui rispose: perché? preferisco insegnare a Tassotti come si crossa. E così è Rafa.

Ma Benitez si è fatto – almeno da noi – apprezzare molto anche fuori dal campo. È un allenatore che prova a vivere la città, che sin dal suo arrivo ha voluto stabilire un contatto coi tifosi, che non disdegna di andare a visitare le bellezze storico-artistico-culturali, come ad esempio gli Scavi di Pompei. Ovviamente, nel calcio – e non solo – tutto è legato ai successi. Ed è giusto che sia così. Così come noi siamo certi che arriveranno presto.

E ora il Napolista colmerà quella che riteniamo essere una lacuna per Napoli e per i suoi tifosi: non esiste ancora una bandiera di Benitez. Non ne è mai sventolata una al San Paolo. Fino a oggi. Contro il Chievo ci sarà. La prima bandiera di Benitez al San Paolo. Omaggio del Napolista a quest’allenatore che ha accettato una sfida che fin qui nessuno – avendo già vinto praticamente tutto – aveva mai avuto il coraggio di accettare. In Tribuna Nisida sventolerà un bel faccione di Rafa Benitez.
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