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Caro Benitez, ti spieghiamo che cosa significa Verona per noi napoletani

Caro Benitez, ti spieghiamo che cosa significa Verona per noi napoletani

Da quando Benitez è sbarcato a Napoli sono iscritto al partito dei Rafaeliti convinti, perché al di là dei meriti tecnici, della competenza e della grande esperienza mi piace molto il suo modo di essere prima, durante e dopo le partite. Gli sono oltretutto assai grato perché con lui è diventato solo un triste ricordo il provincialismo autoreferenziale del maghetto di S.Vincenzo, grande specialista in lamentele, proteste, pianti e recriminazioni. Però Rafè, ti raccomando, la partita con il Verona per noi napoletani non è una gara qualsiasi e siccome non puoi sapere perché ora cerchiamo di spiegartelo.

Bisogna fare un passo indietro fino a domenica 16 settembre del 1984, qualche mese prima LUI era arrivato a Napoli, ed il calendario prevedeva che Diego esordisse nel campionato italiano proprio in casa del Verona. Non ho mai visto tanti tifosi azzurri in trasferta, lo stadio e l’intera città erano invasi da un fiume di bandiere azzurre. Un popolo festante, felice ed orgoglioso, consapevole di poter finalmente realizzare quei sogni di vittoria svaniti in decenni di frustrazioni ed ingiustizie subite soprattutto negli stadi del Nord. La partita fu un disastro, perdemmo 3 a 1. Maradona costretto a duettare con Penzo e Dal Fiume, all’epoca suoi compagni di reparto, quasi non toccò palla e venne massacrato di botte da un terzino tedesco, antipatico e falloso come pochi: Hans Peter Briegel, il calciatore che forse ho odiato di più. Non si poteva immaginare un battesimo peggiore e non solo per i falli, ai quali naturalmente era abituato, ma per l’accoglienza che quello stadio gli aveva riservato. Un pubblico da corrida che accompagnava con olè di gioia ogni entrata assassina del difensore gialloblu. Diego fu odiato da subito, dovevano esorcizzare un incubo premonitore, quasi intuissero che cosa avrebbero subito negli anni a seguire, sbeffeggiati dal più bel pallonetto mai visto in un campo di calcio. Un grandissimo sfizio che solo il più partenopeo di tutti noi poteva inventare per ricambiare l’amore della gente del Sud. Beceri ululati e cori razzisti furono la colonna sonora di quella partita che dopo il 90° minuto ebbe un vergognoso seguito con una selvaggia caccia al napoletano in ogni strada di Verona. Sono passati quasi trent’anni ma ogni volta che il Napoli è tornato a giocare in casa degli Scaligeri si sono ripetute le stesse scene ed abbiamo ricevuto il medesimo benvenuto. Certo anche a Bergamo, Brescia, Milano e Torino non ci aspettano con i fiori ed i battimani ma il razzismo viscerale e violento di certi ambienti veneti non ha riscontro in nessuno stadio italiano.

All’epoca i napoletani reagirono con impareggiabile ironia e al San Paolo, nella partita di ritorno, apparve uno striscione poi divenuto famoso “Giulietta è na zoccola e Romeo un cornuto”. Non credo però si possa continuare solo a sorridere e tentare di sdrammatizzare. Il razzismo negli stadi in questi anni è diventato un fenomeno diffuso ed aggregante, troppo spesso sottovalutato o sanzionato con ridicole ed inefficaci chiusure delle curve che spostano la violenza e la inciviltà nei piazzali antistanti lo stadio. Bisognerebbe affrontare seriamente il problema senza ipocrisie e luoghi comuni ed invece sappiamo bene cosa succederà domenica e quale atmosfera si respirerá al Bentegodì. Sarà poi inevitabile che non si parlerà solo di pallone nelle cronache di questa partita. Auguriamoci per lo meno che venga garantita adeguata tutela fisica e morale alla squadra e ai tifosi che la seguiranno. Insomma Rafa “’o fatto è serio” è una di quelle occasioni in cui bisogna essere quanto meno europei possibile, c’è bisogno di passione, di una carica speciale da trasmettere alla squadra perché ci deluderebbe se non fosse così. Una sfida che vale qualcosa in più dei semplici tre punti in palio, di quelle che non si devono sbagliare e che sarebbe bello vincere, magari con una cazzimma del giovanotto di Frattamaggiore.
Claudio Botti

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