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Il giornalismo napoletano non si sporca le mani: ci chiamassero tranquillamente colerosi

Non posso non partire da qui. Dall’esordio di Vittorio Zambardino sul Napolista. “Caro Napolista, ti vorrei più lobby e più cattivo”. Da rileggere più volte al giorno, prima e dopo i pasti. Da qualche giorno a questa parte, siamo diventati monotematici. Lo siamo da domenica, da quando i nostri cari fedayn hanno deciso di darsi e darci la zappa sui piedi con quell’uscita che definire infelice è poco (ora stanno cercando di buttarla sull’ironia, ma quale ironia???). Lo siamo da lunedì, da quando il Milan e Adriano Galliani hanno reagito con veemenza alla decisione del giudice sportivo di squalificare San Siro per cori diffamanti e discriminatori nei confronti dei napoletani.

Noi, col nostro piccolo sitarello. E loro, sì loro, con le loro armate. Di Sky Sport 24 abbiamo già parlato, procede a rullo nel processo di riduzione a barzelletta dei cori razzisti. Il Corriere della Sera – mica il piccolo ultrà – ha ieri rimarcato in un fondino che gli stadi non sono poi sale da thè, e oggi mette in campo addirittura Diego Abatantuono in un articolo infarcito di banalità che ha lo stesso scopo: buttarla in caciara, equiparare il “Giulietta è ’na zoccola” (che, nessuno lo ricorda, fu una risposta ironica alle vagonate di razzismo che i veronesi ci tiravano addosso) a “colerosi, terremotati” anche se – furbescamente – il coretto non viene mai citato.

I media del Nord hanno schierato l’artiglieria. Il leit-motiv è sempre lo stesso, quello che ben conosciamo. “Il razzismo va condannato, per carità, (che equivale a quelli che dicono “ho tanti amici gay, però”, “ho tanti amici ebrei, però”) e giù una serie di scempiaggini al solo modo di disinnescare la norma. Norma che, ricordiamolo, che rischia di saltare solo per noi. Per Napoli e per i napoletani.

Perché il punto è questo: NON CI POSSONO PASSARE CHE INSULTARE UN NAPOLETANO POSSA ESSERE PERSEGUIBILE. STANNO IMPAZZENDO. Anche le pulci tengono la tosse.

Ma come? Ve lo cantiamo da cinquant’anni e ora dovremmo pagare per questo? Beh, la risposta più efficace l’ha offerta Vittorio Zambardino, fin qui in privato: “Anche Rosa Parks un bel giorno ruppe una consolidata tradizione e non lasciò il posto a sedere a un bianco nell’autobus”. Applausi, ovazioni.

Ma in tutto questo la stampa napoletana, i media napoletani che cosa fanno? Mentre il sito del Corriere apre, APRE, da due ore (DUE ORE) con la notizia di Galliani che annuncia ricorsi in ogni sede contro la chiusura di San Siro (PERCHE’ NOI COLEROSI A QUELLI GLIELO DOBBIAMO POTER DIRE), i siti napoletani, i giornali napoletani, le radio napoletane, le tv napoletane, che cosa fanno? Niente. Non ci sporchiamo le mani. Ci guardiamo allo specchio, un capello un po’ più a destra, come mi stanno le Clarks, vado a parcheggiare la macchina, come mi sta venendo su bene il pupo.

Oggi Il Mattino intervista il ct della Nazionale Cesare Prandelli e sul tema gli pone le seguenti domande: “Ma tra i buu a Boateng o a Balotelli e il ritornello “noi non siamo napoletani” per lei c’è differenza?”. Perché evidentemente al Mattino che ci chiamano colerosi e terremotati non lo sanno. Ma non è finita qui. Altra domanda: “Capitolo razzismo. C’era bisogno di chiudere lo stadio di Milano per mandare un segnale forte ai tifosi?”. Insomma, Il Mattino è contro la chiusura di San Siro.

Insomma assistiamo inermi (o, peggio, complici) a un processo la cui fine è nota. Perderemo la battaglia. E ci starà bene. Non sappiamo difenderci. Non sappiamo fare lobby. Del resto abbiamo gli unici ultrà d’Italia che intonano cori contro la propria città. Ma che speranze abbiamo. Colerosi eravamo e colerosi resteremo.
Massimiliano Gallo

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