Amarcord. Capolavoro di Federico Fellini. È da tempo una parola comune. Deriva dal dialetto romagnolo. «A m’rcord». Mi ricordo. E viene usata abitualmente per indicare quel delicato senso di nostalgia che accompagna specialmente i ricordi di gioventù. Ma non è di cinema che voglio parlare. È solo mi sono lasciato andare ai ricordi calcistici. Che sono tanti in uno come me che segue il calcio (il Napoli) da 57 anni. Ricordi sfumati nella nebbia del tempo. Come quella che avvolge nel film l’incontro di un ragazzino che ha perso l’orientamento e scambia un bue tranquillo per un mostro.
Amarcord… il primo anno di Vinicio al vecchio stadio del Vomero. Amarcord… tanti enfant prodige e i tecnici di razza capaci di valorizzarli. Amarcord… nel1959 esordì in serie A nell’Alessandria un ragazzino del 1943, Gianni Rivera. Il Milan lo notò. Molti avevano perplessità per la sua gracile struttura fisica. Ma Schiaffino grande campione e leader del Milan riconobbe in lui un talento superiore. E convinse la società a prenderlo Nulla interposita mora Rivera si trasferì al Milan e ne divenne titolare inamovibile per diciotto campionati di fila. Nessuno pensó di tenerlo in panchina per farlo maturare. Nè di far torto a campioni piú anziani mettendolo in campo. Vinse tre campionati. Quattro coppe Italia. Due coppe dei campioni . Il campionato europeo con la nazionale. Ricevette il pallone d’oro nel 1969. Amarcod… Roberto Baggio esordi nella Fiorentina a 19 anni. Anche lui non era un mostro di fisicitá . Ma nessuno ebbe dubbi. La sua classe cristallina era evidente. E così ebbe inizio la sua carriera. Due scudetti. Una coppa Italia. Una coppa UeFA. Il pallone d’oro nel 1993.
Amarcord… nel lontano 1995 la Juve fece una scelta importante. Cedette al Milan Roberto Baggio che aveva 28 anni. Ancora quindi nel pieno della sua carriera. Scommettendo decisamente su Alex Del Piero che di anni ne aveva soltanto 21. E che già nella stagione 94-95 aveva fatto registrare 29 presenze in prima squadra. Certo ci volle coraggio. Ma chi decise aveva capito che Del Piero era un campione di razza. E bisognava metterlo in campo sempre. Amarcord… un altro grande asso del calcio italiano che esordì (allenatore il Petisso?) in serie A nel Bologna a 17 anni. Roberto Mancini. Amarcord… Sandro Mazzola titolare nell’Inter a vent’anni.
Certamente si potrebbe costruire un altro elenco. Quello delle promesse non mantenute. Che non hanno soddisfatto le aspettative. Ma per i giocatori talentuosi è sempre così. O sono fuoriclasse. O sono il nulla. E per capirlo c’è un solo sistema. Dar loro fiducia. Farli giocare. E misurare sul campo le loro vere capacità. Perché questo Amarcord? Per un motivo contingente. Che ha nome Lorenzo Insigne. Se un giocatore è forte deve giocare sempre. Non esistono esitazioni. Né credo che a guardare si maturi. Intanto, e lo ho già scritto, Insigne può sparigliare. Se esplode può essere il modo per annullare la differenza che tutti vedono tra Napoli e Juventus. Un giocatore con le caratteristiche che Insigne lascia intravedere o è un fuoriclasse o non è nulla. Io ho la netta sensazione che Lorenzinho sia un campione autentico. Che del campione autentico abbia innanzitutto la personalità . Oltre che i colpi. Uno di quelli che quando va in campo cambia la faccia della partita. Che sia l’unico vero grande talento presente oggi in Italia. Quando domenica ha fatto il numero con il quale ha guadagnato il rigore non credevo ai miei occhi. E guardavo i replay dalla poltrona incantato come la gente che in Amarcord dalle barche vedeva incredula passare le luci del Rex. Il Napoli per otto undicesimi è squadra operaia. Fortissima ma operaia. Per guardare lassù ci vuole ancora un quid. Che Insigne potrebbe dare. Quando si muove in campo penso all’eleganza del volo del pavone, altra celebre scena di Amarcord.
Certo, me ne rendo conto, non è facile mettere in secondo piano un giocatore di gran classe, serio e capace come Pandev. Uno che a calcio sa giocare, e come. Ed è forse impossibile far convivere in campo Cavani, Hamsik, Pandev ed Insigne. Chi esce ? Inler o uno dei due esterni? In tale ipotesi il pericolo è di non riuscire a garantire equilibrio alla squadra. Oltre che la necessaria copertura del centrocampo. Ma non è che quando divennero titolari i Rivera, i Baggio, i Del Piero… le loro squadre non avessero i loro Pandev. I loro problemi di equilibrio. Io non avrei esitazioni. Piegherei modulo, tattica e quant’altro ad una sola finalità. Far giocare sempre il ragazzino. E tra vent’anni qualcuno potrà pensare Amarcord …Insigne.
Guido Trombetti (tratto dal Corriere del Mezzogiorno)