Ehi, Goran, mi aspetto un anno di calcio

Domenica rientri. Non lo sai, ma tu sei sempre stato il mio 25 aprile. Ti vidi arrivare in lontananza, come quello che la Vanoni sta ancora aspettando da non so quanto tempo ormai, ti vidi arrivare in lontananza, dicevo, e mi si aprì il cuore. È lui. Certo, camminavi maluccio, qualche chilo di troppo, vabbè […]

Domenica rientri. Non lo sai, ma tu sei sempre stato il mio 25 aprile. Ti vidi arrivare in lontananza, come quello che la Vanoni sta ancora aspettando da non so quanto tempo ormai, ti vidi arrivare in lontananza, dicevo, e mi si aprì il cuore. È lui. Certo, camminavi maluccio, qualche chilo di troppo, vabbè il capello è sempre stato quello. Ti sfottettero, Goran, e quanto ti sfottetero. Abituati a calcio sopraffino, i napoletani ti snobbarono. Valevi poco, anzi diciamo la verità, valevi zero. A stento ti concessero il privilegio di accomodarti in panchina.
Tu, a dire la verità, ci mettesti del tuo. È vero, non hai mai fatto pesare che a quelli del Santiago Bernabeu sei andato in sogno per più di una notte, né quella coppa dalle grandi orecchie che sollevasti proprio lì, a Madrid, ma con la maglia dell’Inter. Però ti presentasti con una sciagurata traversa colpita a porta vuota a Cesena, provocando i sorrisini sarcastici della platea. A Milano scivolavi sul campo, non ti reggevi in piedi. Qualcuno si avvicinò alla panchina chiedendo il tuo cambio. Non eri all’altezza, Goran.
Hai ingoiato, hai masticato amaro. Ma non hai mai detto niente. Poi, dopo settimane di anonimato, arrivò il 29 novembre, la sera del recupero di Napoli-Juventus. Il tempo si ferma. Cavani non ce la fa. Mazzarri (l’unico che ha sempre creduto in te) non ha scelta e ti mette in campo. Me la ricordo come fosse ieri, quella sera. Per tanti motivi. In un bar di Testaccio, circondato da romanisti ed extracomunitari dell’Est tifosi della Juve.
E tu non mi tradisti. Diagonale di destro e poi, nel secondo tempo, una piroetta nell’area di rigore e palla sul primo palo. Il barista giallorosso che ti odia (sempre laziale sei) mi guarda e non trattiene un sorriso. Poi finì come finì. Ma io in parte ero già contento così, eri rinato. E di lì andò sempre meglio, anche se qualche pausa te la sei sempre concessa. Ma quando vedi bianconero, ti accendi sempre. Come Hamsik. L’hai fatto a Roma, nella finale di Coppa Italia, e a Pechino, in quella di SuperCoppa.
Tante cose sono cambiate, Goran. Un anno dopo hai convinto quasi tutti. I più recalcitranti, quelli che per orgoglio non possono ammettere le baggianate dette, si rifugiano nel più classico “ma al massimo può giocare un tempo”. Però la frase ex calciatore se la sono ricacciata in gola, Goran. Gliel’hai ricacciata tu, e gli ultimi resistenti li hai abbattuti con quello scavino a Buffon. Qualcuno in privato mi ha confessato che dopo anni comprerà la maglia di un calciatore del Napoli. Indovina quale?
Domenica ti aspetto, Goran. Regalaci il calcio. È l’anno tuo.
Massimiliano Gallo

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