La signora Cavani, il Rolex di ritorno e le due versioni su Napoli

I fatti separati dalle opinioni. Anzi, per dirla secca, “di quello che pensi tu nun ce ne fotte proprio”. È il giornalismo anglosassone spiegato e insegnato nella nostra Napoli, dove fior di penne e maestri di calibro mondiale hanno impregnato (il participio passato è voluto) di vita e di notizie le redazioni dei giornali. Dunque, […]

I fatti separati dalle opinioni. Anzi, per dirla secca, “di quello che pensi tu nun ce ne fotte proprio”. È il giornalismo anglosassone spiegato e insegnato nella nostra Napoli, dove fior di penne e maestri di calibro mondiale hanno impregnato (il participio passato è voluto) di vita e di notizie le redazioni dei giornali.
Dunque, i fatti. Il 24 luglio scorsa Soledad, ossia la signora Cavani, all’uscita da una chiesa evangelica nel quartiere di Fuorigrotta, viene scippata del suo orologio da 18mila euro. La notizia dall’arco scocca e vola veloce di bocca in bocca. Si riapre il solito dibattito su Napoli città violenta. Pochi giorni e una telefonata anonima giunge ai carabinieri: l’orologio sarebbe in un sottoscala di un palazzo in via Tertulliano, Rione Traiano, strada che richiama alla memoria la Juve Tertulliano, squadra di prima categoria (vabbè questa è una digressione). L’orologio viene per così dire ritrovato e mostrato alla signora Soledad nel frattempo rientrata da Londra. La signora riconosce il prezioso e ne torna in possesso.
E vissero tutti felici e contenti? Non proprio. L’edizione napoletana di Repubblica, con un articolo a firma Irene De Arcangelis, dà un’interpretazione inequivocabile di quanto sarebbe accaduto. La camorra avrebbe strigliato i pesci piccoli autori dello scippo e avrebbe riconsegnato il maltolto con tanto di scuse. Interpretazione non basata su dati oggettivi, ma verosimile (in tanti scommetterebbero su questa versione). Ed efficace dal punto di vista mediatico.
E qui ci troviamo di fronte a un bivio. Per certi versi, il solito. Se è vera la versione della giornalista di Repubblica, i carabinieri e lo Stato ne escono ancora una volta fortemente ridimensionati, dimostrando la loro irrilevanza sul territorio. Se, viceversa, la versione è azzardata, diciamo enfatizzata, hanno allora ragione i paladini della napoletanità senza se e senza ma che ribattono: e come mai l’orologio di Yanina non fu ritrovato? Non fu la camorra allora a volere quello scippo? Perché quando accade qualcosa a Napoli è sempre e solo la camorra, mentre a Parigi lo scippo alla compagna di Ibrahimovic è opera della delinquenza non organizzata?
Come al solito, il bivio conduce a luoghi antitetici. E noi, complici anche il caldo, stavolta rimaniamo nel mezzo, pensando che a un’altra persona – come ha scritto Irene De Arcangelis – l’orologio non l’avrebbero mai ritrovato, ma che i motivi che hanno spinto alla restituzione potrebbero essere molteplici. Senza dimenticare che l’orologio rubato a Nadal, proprio a Parigi, venne poi ritrovato.
Massimiliano Gallo

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