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I tenori hanno fatto i neomelodici

Ve lo ricordate Mezzogiorno di fuoco ? Capolavoro della cinematografia western del 1952. Con Gary Cooper e Grace Kelly. Leggendario il clima di suspense che il film genera con l’attesa di una sfida.

Proprio questo è il clima che ha preceduto la partita con il Cheslea. L’attesa. La sfida. Mi sembrava di risentire qui e lì la cadenza delle struggenti note di High Noon.

Eppure non era in gioco un traguardo eccezionale. Né, men che mai, la reputazione della città.

In fondo ,in fondo parliamo di un semplice ottavo di finale. Anche se della più prestigiosa competizione europea per club. Eppure il valore di questo incontro è diventato troppo alto. Almeno se messo in relazione alla portata sportiva molto ridotta dell’evento. Ciò per il significato simbolico che ha assunto. O meglio che buona parte della città gli ha dato. L’attesa. La sfida. Vi è capitato in questi giorni di prendere un taxi? Di entrare in un bar? Di salire o scendere in funicolare? Avreste capito subito il senso che è stato attribuito a questa partita. La città che giocava un ruolo di primo attore e non di comparsa. In una sfida. E l’attesa della sfida creava eccitazione. Che ciò accada intorno ad una partita di calcio non può stupire. Il calcio è un fenomeno complesso. Ricordate il primo scudetto del Napoli ? Che divenne festa popolare. Simbolo di una preminenza nazionale. Riscatto da frustrazioni antiche. Il punto vero è che in una comunità i simboli contano . I simboli sono importanti. E questo match ha assunto il valore di un simbolo.

Mi pare a questo punto di ascoltare un’obiezione aristocratica. “Ma di cosa vai cianciando? Il calcio altro non è che una passione plebea!” Conosco l’argomento. E rispondo con Baricco che scrive non è detto che le avventure della mente siano sempre da studiare tampinando Goethe, o Adorno, o Freud. Anche il calcio va benissimo. Soprattutto se raccontato con la competenza e la gradevolezza di cui è evidentemente capace Sconcerti”. E ancora Certo anche conversando intorno a una cosa marginale ed effimera si può tentare di evitare la banalità (altro discorso è riuscirci).

Napoli-Cheslea è stato vissuto come l’occasione del definitivo riscatto. Dopo il lungo periodo buio in cui la squadra era precipitata con lo choc della serie C. Da questo riscatto il Presidente De Laurentis avrebbe guadagnato l’iscrizione all’albo dei grandi presidenti. Mazzarri si sarebbe ritrovato libero da quella patina di eccellente allenatore di provincia che , diciamo la verità, si portava addosso. La squadra sarebbe entrata nel suo complesso di slancio nel salotto buono del calcio europeo. I suoi tenori avrebbero affermato il loro diritto di cantare alla Scala.

Purtroppo le cose non sono andate per il verso giusto.

Il simbolo si è sciolto in una sconfitta. La difesa ha ballato. I tenori hanno fatto i neomelodici. Ma i campioni non dovrebbero venire fuori nelle occasioni decisive? In particolare Lavezzi è stato inguardabile, una delusione gigantesca. Eppure bastava un golletto. Per di più contro una difesa tutt’altro che irresistibile. Ma se ancora una volta “le stelle stanno a guardare” …

Così la qualificazione se ne è andata. Come l’ombra d’un sogno fuggente.
Guido Trombetti (tratto dal Corriere del Mezzogiorno)

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