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Confesso che l’ho fatto: ho cambiato i riti propiziatori

Della serie: non è vero ma ci credo. L’idea mi era balenata al fischio finale della maledetta partita con l’ “Ascoli”: quest’anno in campionato non va come dovrebbe ed io dovevo fare qualcosa: cambiare i miei piccoli rituali pre-partita che mi accompagnano da alcuni anni.
Ma poi ti fai prendere dai dubbi perché se non va come dovrebbe andare non ti dai pace pensando che sia colpa tua. Domenica pomeriggio il mio istinto mi dice che questo è il momento buono per cambiare ma poi mi lascio andare e rifaccio puntualmente tutto come ho sempre fatto.
E’ da domenica sera che mi ripeto che me la sono cercata e a nulla mi è servito, per esorcizzare i miei sensi di colpa, dire alla Puglia che la responsabilità per quello che è successo contro la Roma è sua per essere arrivata in ritardo e aver stravolto i suoi riti.
“Col Genoa non sarà cosi” mi dico e con cura quasi maniacale mi impegno a stravolgere i miei affezionatissimi rituali.
Intanto niente rasatura di barba, parcheggio del motorino non più sul viale Augusto – dove tra l’ altro non ho mai ricevuto la richiesta di “pizzo”dai parcheggiatori abusivi ma solo perché, probabilmente, non arrivo mai all’altezza dello stadio – ma in un vicoletto adiacente su rigorose strisce bianche per moto. Non più caffè al Santo Domingo ma in un bar accogliente con tanto di tv dove decido di gufare gli ultimi venti minuti per il pareggio tra l’Ascoli e l’Udinese e il fatto che finisca così è già un buon segnale. Il caffè Borghetti non lo compro più nel piazzale adiacente la curva B all’altezza del chioschetto. Prima di accedere allo stadio non faccio la solita telefonata a Trapani per verificare se entriamo insieme ma chiamo il suo sodale di banda Minao e non perchè precedentemente trovo sul cellulare una chiamata di quest’ultimo. Non aspetto che mi arrivi qualche sms bene augurante di qualche napolista come di solito succede prima della partita; decido di anticiparli e invio io qualche sms con la parola d’ordine: “amma’ vencere”.
Si perchè, a differenza di Renata Russo, non mi interessa sapere se vinciamo rubando o con merito, per casualità o per altri accidenti. No, voglio solo vincere e portare a casa i tre punti. Cambio la solita fila del pre-filtraggio e scelgo il primo tornello anziché quello centrale che utilizzo sempre. Una volta entrato, non vado come al solito direttamente al mio posto a salutare nipote e amici per poi salire dal Martire, dalla Puglia e da Agata. No, vado direttamente da Ilaria e con lei alla tribuna stampa per salutare Gianluca e notare che anche il solito rituale del dolcetto tra Ilaria e Fabrizio Cappella viene modificato: dal dolce al salato e più precisamente alla mitica frittatina di maccheroni.
Penso, tra me e me, che questa era la giusta serata per cambiare i miei piccoli riti apotropaici e non solo perché l’aria che si respira è frizzante nonostante il freddo, complice anche il clima natalizio, ma anche perché intorno a me sono un po’ tutti ottimisti. Valentino Di Giacomo mi invia un sms ricordandomi che la frase amma vencere l’aveva utilizzata Reja e non andò bene in quell’occasione ma lo tranquillizzo condividendo la sua sensazione di vedere i ragazzi carichi.
Palla al centro e inizia lo spettacolo più bello del mondo. Gira tutto alla perfezione, da Pandev che torna ad essere il grande giocatore che avevamo visto alla Lazio più che all’Inter, ad Hamsik che dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, del perché tanti addetti ai lavori lo ritengono di un intelligenza tattica unica, al Matador che tutti consideriamo quest’anno un po’ sotto tono e poi vai a scoprire che rispetto alla 16° giornata dello scorso campionato è sotto appena di un gol, per finire a quello che io considero, insieme al Pocho, la vera anima di questa squadra : l’immenso Mota, l’indomabile Garganella. L’unico rito che non mi sento di stravolgere è il rituale bacio sulla pelata di Nicola, mio sodale di tribuna, ad ogni gol del Napoli.
Sul 3 a 0 mi arriva un messaggio del mitico Mimmo Taglialatela che mi scrive “jamme bell’, ja”; calma e gesso che come diceva un mio vecchio amico le partite non finiscono al 90° ma all’antidoping.
Preoccupazione inutile per questa serata perfetta.
Si, aveva ragione il mio istinto: era la serata giusta per cambiare i miei piccoli riti apotropaici.

Peppe Napolitano

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