Una sola frase: «sta felpa nun ‘a mett cchiù»

E’ una serata fredda. La prima partita fredda della stagione. Da tempo non vedevamo cappelli e sciarponi allo stadio. Ci siamo salutati a mezze maniche e ci ritroviamo dopo la pausa –Nazionale con felpa rigorosamente SSCN scritto in azzurro. O per lo meno questo è quello che indossa colui che con il Parma ha voluto […]

E’ una serata fredda. La prima partita fredda della stagione. Da tempo non vedevamo cappelli e sciarponi allo stadio. Ci siamo salutati a mezze maniche e ci ritroviamo dopo la pausa –Nazionale con felpa rigorosamente SSCN scritto in azzurro.

O per lo meno questo è quello che indossa colui che con il Parma ha voluto sfidare la sorte. Dice di averla comprata a Dimaro durante il ritiro a luglio e questo la salverebbe dalla “prova scaramantica”. Con questa felpa abbiamo vinto contro la Rappresentativa Trentino. E Allora possiamo stare tranquilli.

Arriva presto perché per lui tutte le partite sono uguali. Non esistono partite più o meno importanti, ma solo partite con più o meno occasionali, definiti da lui “pesti”. Se con il Bayern la curva si “occupa” all’alba, meglio se la sera prima con le tende, stessa organizzazione anche con il Parma. Ovviamente non la pensano come lui tutti gli altri tifosi, occasionali e non, pesti e non, che cominciano a riempire la curva verso le sette, ampiamente un’ora dopo di lui. Ma poco male, ha potuto scegliere con calma posto, fila, posizione.

La verità è che la crisi d’astinenza da San Paolo è insostenibile e addirittura il campo gli sembra più bello, in condizioni migliori di come l’ha lasciato. Commenta da esperto le linee disegnate sull’erba, quadrate stavolta, a differenza dei soliti rettangoli. Commento tecnico, direi.

Appare tranquillo per tutto il pre-partita. Si aggiorna sia sulle notizie dal mondo che su quelle da Catania. Internet schizza a differenza delle altre volte. Sarà perché alle 18 siamo in venti in tutto lo stadio? Dai suoi aggiornamenti pendiamo anche noi. Apprendiamo, da un altro tifoso con radietta incorporata, che l’Inter è già in vantaggio dopo pochi minuti. Passa un po’ di tempo e sentiamo l’applauso della curva. Pensiamo al pareggio del Catania e questa volta è solo grazie a lui che sappiamo invece che non di pareggio si tratta, ma addirittura di una vittoria. Pare l’abbia detto anche lo speaker del San Paolo, ma possiamo solo immaginarlo. Il volume è ancora più basso del solito, se possibile. O abbiamo tutti bisogno di Uditok, come un po’ di anni fa ci suggerivano da quelle stesse casse.

Piano piano comincia a salire l’ansia. Lo si intuisce dal fatto che, dopo aver guardato l’orario, decide di mangiare il suo panino. Sono le 19:30. Altrimenti lo stomaco gli si chiude e come un volantino suggerisce, il vero tifoso non mangia mai nell’intervallo. Lui non si pone il problema. Mangia sempre prima per togliersi il pensiero. Ha la faccia barbuta visibilmente soddisfatta all’ultimo morso.

Ora può guardarsi intorno, vedere con piacere che il posto scelto è ottimo, che il campo sembra sempre più bello, man mano che la partita si avvicina. L’astinenza è stata veramente tosta, questa volta.

Al fischio d’inizio è già pronto con la prima sigaretta in bocca. Ancora spenta. Ha tra le mani il suo accendino portafortuna, in azione appena l’arbitro riempie i polmoni per dare il via ad una partita strana. Tutti imprecano. Per una distrazione continua e visibile da parte di tutti i giocatori. Tutti sbraitano per dare una svegliata telepatica soprattutto al centrocampo azzurro. Tutti si annoiano per un primo tempo poco avvincente. Ma lui no. Lui sembra sempre positivo, appende gli occhiali alla felpa nuova “salvadaprovascaramantica” e si siede composto.

Nell’intervallo rimprovera, scherzosamente, sia ben inteso, il vicino di posto che a pancia vuota e con fame giustamente nervosa ha la geniale idea di mangiare il panino invece di rileggere il volantino. Sotto i suoi occhi, sempre fissi sul campo che questa volta mostra qualche zolla di troppo fuori posto, sfilano cioccolato e biscotti, ma lui riesce a non peccare di gola. Peccato! Sarebbe stato un secondo tempo più dolce.

Ebbene, di dolce c’è stato poco, anche per chi ha ingannato l’attesa, ma non la bilancia: l’ho visto urlare e quasi cadere al goal di Mascara e silenzioso e scuro in volto ai due goal dei gialloblù, mentre si accendeva l’ennesima sigaretta di tabacco. Tutte ritualmente già preparate da ore e ore. Tutte scaramanticamente tenute in un astuccio, sempre lo stesso da anni. Tutte accese con l’accendino portafortuna. Quello che non si presta mai a nessuno. Se glielo chiedono ne ha un altro di riserva da porgere cordialmente con un sorriso. I riti pre-partita sono fondamentali. Perfino l’auto è sempre allo stesso posto.

E mentre si avvia al parcheggio vincente, sento la perfetta analisi della sconfitta: “ Sta felpa nun’ a mett’ cchiù!”

Deborah Divertito

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