Dov’è finito l’audace Napoli caro a Machiavelli?
“Io iudico bene questo: che sia meglio essere impetuoso che rispettivo; perché la fortuna è donna, ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quelli che freddamente procedano; e però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno rispettivi, […]
“Io iudico bene questo: che sia meglio essere impetuoso che rispettivo; perché la fortuna è donna, ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quelli che freddamente procedano; e però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno rispettivi, più feroci e con più audacia la comandano”.
Ma è tutto chiaro: quando scrisse il penultimo capitolo del “Principe”, Machiavelli aveva in mente il glorioso Napoli della stagione passata, il Napoli della zona-Mazzarri, il Napoli del super-bomber Cavani che segnava e faceva segnare gol fantastici a tempo scaduto, il Napoli che arrivò terzo e regalò l’emozione della musichetta della Champions League ai suoi tifosi! Quel giovane Napoli che, audace e intraprendente come poche altre volte nella sua storia, così spesso era aiutato dalla fortuna, la donna che si lascia conquistare dai giovani focosi e dagli impetuosi.
Troppo facile, dopo la batosta di Catania, dire che oggi quel Napoli non c’è più; ma così è, a quanto pare. Che peccato, però, miei cari Aurelio, Walter e Riccardino: che peccato aver deciso, direi pianificato a tavolino, di tirare il freno a mano dopo una stagione del genere. Ma perché quegli acquisti? Perché questa gestione del turnover? Perché questa sconfortante politica di comunicazione? Ognuno, quando si parla di pallone, ha il suo rispettabile ed opinabile pensiero, su ogni più minuta questione; ma c’è una cosa sulla quale tutti i tifosi del Napoli saranno d’accordo: la società e l’allenatore, quest’anno, hanno deciso di accontentarsi.
Col rischio, come negli ultimi tempi è stato spesso scritto sul Napolista, di fare la fine dell’asino di Buridano, nonché di perdere Filippo con tutto il panaro. Ma insomma, perché sbattere la porta in faccia a quella fortuna che tanto ci aveva favoriti l’anno scorso, e che anche quest’anno era pronta ad accoglierci a braccia aperte, offrendoci avversarie tutte alla nostra portata, in un campionato di una mediocrità assoluta, e piazzandoci in un girone di Champions’ in cui, graditissima sorpresa, ce la stiamo giocando con merito? E perché, anche, raffreddare gli entusiasmi di una tifoseria che ha fame di tornare protagonista, non in Italia o in Europa, ma in Italia e in Europa?
Tornate ad osare, vi prego, miei cari Aurelio, Walter e Riccardino. Chiedervi di farlo per la città, per il popolo napoletano, sarebbe eccessivamente retorico: e allora fatelo per chi, come me, non solo non ha mai visto Maradona, ma neppure Di Canio, Fonseca o Zola; fatelo per chi, come me, prima dell’anno scorso al massimo aveva visto la partita sospesa contro l’Eintracht Francoforte, Coppa Uefa edizione 1994; fatelo per chi, come me, al San Paolo per anni ha visto giocare solo il Ravenna, la Fermana, il Savoia, la Juve Stabia, il Chieti, la Vis Pesaro, il Martina Franca. Fatelo per tutti noi giovani tifosi: quelli più anziani se la sono goduta alla grande, in passato; noi, con quello che negli ultimi diciotto anni ci ha passato il convento, ce la siamo veramente sudata qualche maledetta vittoria di prestigio. E se l’idea di farlo per un così gran numero di persone dovesse sembrarvi esagerata, mi accontenterei anche se decideste di osare soltanto per uno. Magari soltanto per me: in fondo in fondo, me lo merito.
Andrea Manzi