Aggiungi un posto in curva B e raddrizza la serata

La partita è di quelle storiche. È la Champions e già questo vale a richiamare un po’ di gente in più rispetto a Napoli-Parma. Ma, come dicevo, la partita è di quelle storiche. Perché ci ritroviamo secondi da soli in un girone che avrebbe dovuto vederci a quest’ora ultimi, secondo tifosi più pessimisti e gufatori. […]

La partita è di quelle storiche. È la Champions e già questo vale a richiamare un po’ di gente in più rispetto a Napoli-Parma. Ma, come dicevo, la partita è di quelle storiche. Perché ci ritroviamo secondi da soli in un girone che avrebbe dovuto vederci a quest’ora ultimi, secondo tifosi più pessimisti e gufatori. La partita è di quelle storiche perché siamo ad uno scontro al vertice con i primi in classifica, quando avremmo dovuto essere la squadra cuscinetto del girone. Perché si tratta del Bayern Monaco. Con il Bayern ci abbiamo già giocato qualche anno fa e vi ricordate sicuramente tutti com’era andata a finire. Si riscaldava a suon di musica uno scugnizzo tutto nostro che il mondo ci invidiava e ci invidia ancora. È una delle squadre più forti al mondo e noi non ci affacciamo su scenari così importanti da più di vent’anni.

E la partita è storica pure perché il Presidente può contare più soldi di quanti ne abbia contati qualche suo predecessore anni e anni fa con lo Stoccarda. Record d’incassi per lui. Record di ore pre-partita sugli spalti per noi. E significa anche una massa mal controllata di gente tesa e nervosa per la partita storica di cui sopra, che cerca un posticino comodo e con una buona visuale. Costi quel che costi. Prezzo del biglietto a parte, s’intende.

E lui, in questa partita storica, è riuscito ad incassare e contemporaneamente a pagarne le spese. Ma sono sicura che alla fine ci ha guadagnato.

Mi spiego meglio.

La curva è piena già dalle sei del pomeriggio. Chi ha potuto, ha preso qualche posticino per amici di poco ritardatari, ma poca roba. Siamo rispettosi di chi ha spostato riunioni e chiesto permessi e lavorato alle 5 di mattina pur di essere lì in prima fila. Ma ne resta uno libero, semplicemente perché abbiamo calcolato male!

Dicevo, la curva è piena. La gente è seduta, alla faccia della minaccia del DASPO, anche sulle scale. Stanno stretti, ma come si dice a Berghem de sota: “ Liett’ stritt’, cuccati ‘mmiez’!”. Ma non tutti sono di Berghem de sota e questa massima non la condividono, per cui all’altezza della nostra fila notiamo un piccolo tafferuglio concitato, ma breve, durante il quale vediamo una testolina rossa, quasi arancione, che si becca un pugno in faccia. Lui incassa, appunto, senza avere il tempo di dire nulla. In silenzio si alza, prova a dire un paio di cose, ma è scosso. Resta in piedi un paio di scalini più sotto. Lo guardiamo da lontano, cercando di capire cos’è successo, chi avrà colpa di cosa, intanto siamo tutti d’accordo che a farci più pena è chi ha utilizzato le mani al posto della bocca.

Lui è da solo a vedere la partita, resta in piedi quando tutti sono seduti, sguardo fisso sul campo, mascella serrata, lacrime poco ben nascoste. È arrabbiato, ma anche nervoso, perché, secondo me, lui avrebbe voluto ricambiare, eccome! Ma si vede che non è uno abituato a discutere così.

Insomma, vorremmo consolarlo e vorremmo che per lui la partita storica non fosse ricordata solo per quel brutto episodio.

Ci contiamo, contiamo i sediolini. Ci ricontiamo, ricontiamo i sediolini. Pare ce ne sia uno in più. Contiamo ancora e ce n’è proprio uno in più. Possiamo chiamarlo per tenerlo lì tra noi.

La prima volta non accetta. Continua a guardare nel vuoto, qualche telefonata breve, è ancora in piedi nervoso. Lui vuole vedere la sua partita storica e non sarà certo un pugno a fermarlo. Insistiamo e alla fine accetta, silenzioso e ancora nervoso. Lo mettiamo subito all’opera. Siamo intenti a fare coriandoli con i giornali. Vi avevo detto che record d’incassi si traduce per noi in record di pre-partita! E quindi lui si fa coinvolgere in questa coreografia di “forte impatto scenico” in curva. Lo fa svogliatamente, sempre tra una telefonata e l’altra, ma ci asseconda in quest’atto ossessivo-compulsivo collettivo. Poi finalmente si scioglie in quattro chiacchiere.

Gli chiedo se ha l’abbonamento, lui dice di sì. Viene da solo tutte le domeniche (sabato/martedì/mercoledì/ecc…), a volte con la ragazza, ma quasi sempre solo. Cerca di spiegare che non ha reagito perché chi l’ha colpito potrebbe essere suo padre. Meno male che esistono ancora i valori della famiglia! Poi confessa che ci conosce già. Siede spesso dalle nostre parti e conosce il nostro gruppo, i personaggi che lo animano. Uno in particolare, ovviamente. Colui a cui vogliamo bene, soprattutto per quanto è molesto durante le partite.

All’ingresso degli azzurri per il riscaldamento, partecipa al nostro rito dei chicchirichì. Non traspare né curiosità, né divertimento, né diffidenza. Lui si fida delle nostre follie di massa senza domandare e non ci chiediamo quanto è preoccupante tutto ciò. Durante la partita canta, abbraccia, incita con tutte e due le braccia, ma non si scompone e non mangia il panino durante l’intervallo. Come da vademecum del buon tifoso. L’abbiamo adottato e così ci ritroviamo con quattro rossi in un metro quadro di curva. E la partita, infatti, è andata bene: un goal per parte, ma stessa squadra a metterla dentro, un rigore parato dal nostro portierone: i colossi tedeschi sono stati fermati anche con un po’ di buona sorte.

Se per lui sia stata una partita storica, in fondo, io questo non lo so. Certo, una vittoria avrebbe cancellato qualsiasi brutto ricordo della serata. E partecipare alla produzione dei coriandoli non ha aiutato. Ma nonostante tutto, ho come l’impressione che da oggi in poi abbiamo volentieri un chicchirichì in più da portare.

Deborah Divertito

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