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Elogio della sobrietà, come sarebbe bello il modello Pozzo senza vendere i gioielli di famiglia

Sobrietà, parola in  esilio, ancora rincorsa da noi, sognatori impenitenti, dentro una città che celebra, ogni giorno, il culto dell’eccesso e che avrebbe invece bisogno di tanta sobria normalità. Dai pubblici amministratori alla presidenza della squadra di calcio, un festival di autoreferenzialità, una quotidiana Piedigrotta oleografica e prevedibile, purtroppo apprezzata e condivisa  da molti, ma anche  troppo spesso subita in silenzio.Quanto farebbe bene a Napoli ed al Napoli un ritorno alla sobrietà, a quella rarissima capacità di accettare che l’altro sia, esista, che sorga fuori dal gioco di Narciso, che rispecchia solo se stesso e si gratifica solo con la  contemplazione di sé. Il diverso, chi non la pensa come quelli che decidono, non può essere censurato, beffeggiato, violentato o ignorato, ma comunque risolto a proprio favore e quindi usato per il proprio tornaconto. Uno sguardo sobrio nei gesti e nei pensieri denota la rarissima qualità di sapere ascoltare e rispettare gli altri. Si sa, nel calcio, come nella vita, è indispensabile imparare a farsi sentire e a battere i pugni quando è necessario. E’ però inutile e controproducente cercare sempre la ribalta utilizzando effetti speciali, anche volgari, ma comunque  facili e scontati. Non si può urlare sempre, a volte anche a sproposito, e litigare con tutti solo per alimentare il proprio narcisismo. Come sarebbe bello esportare anche dalle nostre parti il modello Pozzo, toni bassi ma fermi, serietà, competenza e professionalità, che hanno fatto di Udine un modello da imitare, naturalmente senza mai vendere i gioielli di famiglia. Claudio Botti

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