Nel finale di una partita inchiodata sullo 0-0, il principino di Slovacchia Marek Hamsik cava finalmente dallo scrigno delle sue prodezze il gol vincente (1-0 al Genoa). Sul lancio di Aronica, spizzicata di testa di Cavani e, alle sue spalle, in area, Marek controlla di petto, si “beve” Criscito sulla destra e insacca un diagonale imparabile. Fino a quel momento Criscito era stato il migliore del Genoa, chiudendo la corsia di Maggio, e Hamsik aveva sfoderato tanta buona volontà però poche giocate e anche qualche errore. Ma poiché, come si dice, la classe non è acqua, lo slovacco metteva il sigillo alla partita sotto la pioggia e sul terreno inzuppato d’acqua del “San Paolo” che ha reso più faticosa la manovra del Napoli. Hamsik aveva risolto anche all’andata la sfida col Genoa.
Riscossa azzurra dopo le due sconfitte consecutive e terzo posto irrobustito da questi tre punti “irrinunciabili”. Il Napoli si è presentato al completo dei suoi “titolarissimi” ai quali Mazzarri ha chiesto uno scatto di orgoglio, almeno questo, conoscendone lo stato di forma non brillantissimo. Ai giocatori che hanno trascinato il Napoli sempre più su toccava difendere la terza posizione e l’ingresso diretto in Champions. Lo hanno fatto con grande fatica, dando l’anima in mancanza dei colpi geniali. Il Genoa era privo dei tre squalificati “per scelta” (Dainelli, Palacio, Milanetto hanno “preferito” saltare Napoli per essere presenti domenica nel derby genovese), ma si è schierato (4-4-2) per non regalare nulla. Ha retto alla sfuriata iniziale del Napoli e alle elettriche iniziative di Lavezzi, una furia a destra e a sinistra, e ha messo il catenaccio sul match con due coppie di terzini sugli esterni (Mesto e Konko a destra, Criscito e Antonelli a sinistra) per frenare le corse di Maggio e Dossena, ha tenuto ravvicinate le due linee a quattro di difesa e centrocampo per chiudere gli spazi nella zona centrale, ha abbandonato al loro destino le due punte (Paloschi e il napoletano del Rione Traiano Floro Flores). Una partita di puro controllo lasciando che il Napoli si dannasse su un terreno poco agevole per le manovre palla a terra.
Alla fine di tutte le accelerate di Lavezzi, proprio su una punizione del Pocho, Pazienza falliva di poco la palla-gol (20’) che avrebbe liberato lo stadio dal tangibile stato d’ansia che lo possedeva. Il Napoli faceva fatica con Maggio a destra, si inseriva meglio Dossena a sinistra, ma a Cavani non arrivava una sola palla utile. Erano solo e sempre le iniziative individuali di Lavezzi a trascinare il Napoli oltre l’ostacolo genoano. Nel primo tempo, nessuna parata dei portieri (fuori sei conclusioni del Napoli e quattro del Genoa). Partita imprigionata dalla serenità con cui il Genoa vanificava gli assalti azzurri, liberandosi in disimpegno senza pungere.
La musica è cambiata nella ripresa col Napoli invitato da Mazzarri a “ragionare” senza avventarsi imbottigliandosi nella doppia linea difensiva dei liguri. Era ancora Lavezzi a cercare di fare danni, andando vicino al gol con una conclusione difficile (56’) dopo una coraggiosa respinta di Eduardo sul cross di Maggio. Mazzarri dava più fisicità al centrocampo inserendo Yebda per Pazienza (60’), ma non di fisicità aveva bisogno il Napoli, ma di una maggiore qualità. Insomma si aspettava l’”urlo” di Cavani e Hamsik, mentre il Pocho faceva la sua parte più con furia che con lucidità.
Ballardini, punzecchiato alla vigilia da Mazzarri, deve avere fiutato il colpaccio vedendo un Napoli generoso ma opaco. Lasciava la difesa a quattro, ma riduceva il centrocampo a tre per avere tre punte (65’ Destro per Konko). Non ne cavava molto perché era il Napoli ad andare nuovamente vicino al gol. Prima con Yebda (62’ salvataggio fortunoso con una gamba di Eduardo), poi con Lavezzi (68’ strepitoso Eduardo). A questo punto il Napoli meritava di vincere vantando la bellezza di quattro palle-gol a zero. Il Genoa col nuovo dispositivo tattico produceva poco in attacco e cominciava a “ballare” in difesa. Ballardini ritoccava nuovamente la squadra rinunciando a Paloschi in avanti e inserendo il 19enne Jelenic (78’). Si attestava su un più concreto 4-4-1-1. Cannavaro, più di tutti, frenava gli ardori di Floro Flores e il Napoli non correva pericoli. Però il match era sempre inchiodato sul pareggio senza gol.
Il diagonale di Hamsik squarciava finalmente il falso equilibrio in campo (83’) e, stavolta, Mazzarri, acciuffato il vantaggio, non si lasciava incantare dalla suggestione del raddoppio ordinando un 4-4-2 di copertura con Mascara per Hamsik (86’), un fringuello fresco per un eventuale colpetto di assestamento al punteggio. Ma l’ordine era di controllare il vantaggio, la partita e l’avversario. In realtà il Genoa non era stato mai pericoloso (fuori bersaglio le sue conclusioni più insidiose: 25’ Kucka, 39’ Antonelli). Era vero però che la squadra ligure, nel finale (4 minuti di recupero), approfittava dell’ansia azzurra per creare un po’ di confusione nelle retrovie del Napoli, sfiorando il pareggio con un colpo di testa di Floro Flores che finiva di poco a lato (93’) però senza mai impegnare De Sanctis.
Dopo le squalifiche, il rientro di Cannavaro ha reso più sicura la difesa e quello di Lavezzi ha ridato lampi di brio all’attacco. Ma la squadra ha perso brillantezza e fatica terribilmente a costruire gioco. In cinquantamila hanno applaudito la vittoria di fatica. Ora pare che bastino tre pareggi per proteggere il terzo posto (altri 4 punti sarebbero meglio). Alle spalle, Lazio e Udinese non hanno un calendario facile.
Mimmo Carratelli
Tre punti per la Champions
con fatica ma avanti Napoli
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