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Torna l’angoscia scudetto, ma stavolta è gioiosa

Maledetta, pazza domenica che mi propone questo lunedì da non credere. Il Napoli era già stato secondo a tre punti dal Milan (24^, 25^, 26^ giornata). Cominciò a circolare la parola scudetto. Sembrava una enormità visto che per vincere il campionato c’erano voluti Maradona e la Ma.Gi.Ca. e ora avevamo solo una squadra di giovanotti adrenalinici per merito di Mazzarri con un prolifico atleta di Cristo, un fuoriclasse annunciato (con la cresta) e un funambolo di una città della provincia argentina di Santa Fé fondata da un ingegnere italiano. Era evidente la superiorità di Milan e Inter per le “rose” più robuste, la maggiore disponibilità di campioni, l’abitudine alle vette alte, un superiore peso mediatico. Non ci potevo credere. Mi rifiutavo al sogno perché, a quel punto, ogni partita del Napoli mi metteva in subbuglio, qualunque fosse l’avversario. Vivevo vigilie agitatissime.
Dico la verità: la sconfitta col Milan a San Siro mi tolse un peso dal cuore. Rientravamo nei ranghi di squadra brillante, gioiosa, con un bel carattere, da posizioni d’onore e non di più. Mi tranquillizzai. Questo era il Napoli, damigella d’onore delle famose Genoveffe. Mi bastava così pensando alla Champions, questo torneo una volta nobile, riservato ai campioni nazionali, e ora allargato a campioni, vicecampioni e vice-vice campioni. Tra i vice-vice ci stava bene il Napoli di Walter Mazzarri, sceriffo toscano coi folti capelli di Bobby Solo e la parlata di un predicatore quacquero. Ero felice e tranquillo.
Lo scudetto (a tre punti dal Milan in quelle giornate ancora lontane dalla conclusione del torneo) mi imbarazzava. Il cuore diceva sì, la mente diceva no. Ero Amleto: crederci o non crederci, questo è il problema. Non so perché, mi rifiutavo di crederci. Mi rifiutavo di pensare che ci credessero veramente gli azzurri.
Era un’angoscia di cui potevamo fare a meno perché, senza quella parola, la stagione del Napoli era già superlativa con tutti i record collezionati da Mazzarri, non esclusa la zona-Mazzarri, e tutti i gol del Matador, che polverizzava i primati dei più celebri cannonieri della storia azzurra, e l’imbattibilità casalinga di De Sanctis, che da quando l’abbiamo vistosamente celebrata Morgan ha preso quattro gol in due partite al “San Paolo”.
Ora, a sette giornate dalla fine del campionato, siamo di nuovo là, secondi a tre punti dal Milan, mentre si è sgonfiata l’Inter, è riaffondata la Roma, la Lazio ce la siamo cucinata con altri due gol negli ultimi dieci minuti (e salgono a otto le reti decisive della zona-Mazzarri che sono valse cinque vittorie e un pareggio) e l’Udinese, alle spalle, fa meno paura. E, Amleto o non Amleto, è il Napoli l’anti-Milan.
Mi ritorna l’angoscia-scudetto, ma ora è un’angoscia gioiosa. Voglio crederci, ma spensieratamente. Senza fare paragoni col passato del pibe, senza badare al ritorno dei tentacoli di Ibra nel Milan e all’innamoramento del Papero (giocatore felice rende il doppio, ma a Cavani è nato Bautista), senza più guardare alle partite che restano. Mi accontento di farmi evangelizzare da Mazzarri: ci siano anche noi. Punto e basta.
Mimmo Carratelli

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