Faccio ammenda, Pocho scusami per aver dubitato

Nei tre giorni in cui Sanchez mi ha fatto venire i brividi addosso – più forti di quelli del febbrone che non mi ha lasciato scampo tutta la settimana impedendomi, ahimè, la visita a casa del Brak – le milanesi hanno lievissimamente frenato senza l’aiutino ed il flebile pianto di Berlusconi ha allietato le prime […]

Nei tre giorni in cui Sanchez mi ha fatto venire i brividi addosso – più forti di quelli del febbrone che non mi ha lasciato scampo tutta la settimana impedendomi, ahimè, la visita a casa del Brak – le milanesi hanno lievissimamente frenato senza l’aiutino ed il flebile pianto di Berlusconi ha allietato le prime ore del mio lunedì, devo dire che i tre punti racimolati a Parma sono stati meglio di un pillolozzo toccasana. Oggi mi sento una bomba, perciò faccio ammenda come Gallo e recito il mea culpa per aver più volte detto che Lavezzi non è indispensabile, perché ieri avrei baciato ogni singolo tatuaggio del suo avambraccio per dirgli soltanto “grazie”. Un Pocho stratosferico, con il quale Hamsik è sembrato rinato. Un’intesa perfetta, un duetto incontenibile, come incontenibile è stato Maggio nel credere a quella straordinaria palla che ha buttato in rete per l’apoteosi finale. Dunque, mea culpa, mea culpa, mea grandissima e tremendissima culpa, tiriamo via la penna di mano e i tasti da sotto a chi oserà, da oggi in poi, profanare l’ombra del guerriero. Voglio sputarmi in faccia da sola, puah, sì, lo voglio, contaminarmi con gli ultimi decimi di febbre che ancora mi tengono compagnia e continuare a tenermi abbarbicata al terzo posto, che il fiato sul collo dell’Udinese cominciava a farmi un po’ troppo calore, dopo sole poche ore dal raggiungimento della nostra posizione in classifica. Null’altro da aggiungere, se non una cosa soltanto. Un applauso gigantesco ai settemila accorsi al Tardini, che mi hanno fatto venire in mente le vacanze da ragazza, quando dovunque si andava, in qualunque posto del mondo, c’era sempre un napoletano, riconoscibile dalle scarpe, dall’accento, dagli insopportabili modi partenopei. Allora, con un moto di stizza e di insofferenza, mi sorprendevo sempre a dire “porcaccia, sti’ napoletani sono proprio dappertutto!”. Ieri mi sono ritrovata a ripeterlo “siamo ovunque”, ma con un moto d’orgoglio nel cuore. Perciò complimenti al dodicesimo uomo in campo, i tifosi in trasferta, dodicimila a San Siro, settemila al Tardini, pronti a sfidare qualsiasi condizione atmosferica ed arbitrale per supportare la squadra, quelli senza i quali tutto sto’ calore neppure sarebbe ipotizzabile. Hai voglia a dire che il tifoso tifa, non c’è differenza che tifi dal divano, dallo stadio o dalla sedia di casa sua. Non è così. Kitamuort se non è così. Onore a tutti voi. Per quanto mi riguarda, vi invidio perdutamente e smisuratamente. E Forza Napoli. Sempre.

p.s. e un altro mito è sfatato: il mio trasloco non ha portato sfiga. A buon
intenditor…
di Ilaria Puglia

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