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La firma del Cavaliere sulle maglie del Milan

Il Milan giocherà a Verona contro il Chievo con la maglia che celebra i 25 anni di presidenza di Berlusconi. Sulla maglia di colore bianco ci sarà la firma in oro del Cavaliere con le date del suo regno infinito (20 febbraio 1986-20 febbraio 2011). Tutto regolare? L’articolo 72 delle carte federali sulla “tenuta di gioco dei calciatori” stabilisce: “Non è consentito apporre sugli indumenti di gioco distintivi o scritte di natura politica o confessionale. E’ consentito, invece, apporre sugli stessi non più di due marchi pubblicitari, della natura e delle dimensioni fissate dal Consiglio federale e con la preventiva autorizzazione dei competenti organi delle Leghe”.
La firma del Cavaliere come deve essere “interpretata”? E’ una scritta di natura politica? Potrebbe darsi, visto il ruolo di premier di Berlusconi. Se la squadra di calcio serve ad assicurare consenso, voti, popolarità, la firma può intendersi di natura politica.
Questa “aggiunta” sulla maglia sarà stata autorizzata dalla Lega, come è necessario. E’ stata autorizzata? Ci piacerebbe saperlo.
Silvio Berlusconi è il proprietario del Milan. Non ne è il padrone se vogliamo ancora ritenere che una squadra di calcio è patrimonio dei tifosi, della loro passione, del loro sostegno anche economico. I presidenti passano, il club resta.
Il Milan non è nato con Berlusconi. E’ nato nel 1899 fondato da un gruppo di inglesi e italiani, clienti abituali della Fiaschetteria Toscana di via Berchet. L’Inter sarebbe nata dopo (1908).
La scritta sulle maglie appone un marchio di proprietà relativa. Il Milan non è solo Berlusconi. In senso lato, è un marchio pubblicitario del Cavaliere. I marchi pubblicitari sulle maglie previsti dalla carte federali sono solo due. Con la firma di Berlusconi diventano tre. Marchio pubblicitario deve intendersi perché pubblicizza il quarto di secolo del Cavaliere nel Milan (e lasciamo stare il resto).
I trionfi del Milan di Berlusconi sono molteplici, ma sono nati dalla stanchezza del Napoli che offrì al primo Milan di Sacchi lo scudetto che la squadra rossonera non vinceva da nove anni.
Fu l’unico scudetto di Sacchi sul quale il club rossonero costruì tutta la sua storia di trionfi europei e mondiali. Campione d’Europa 1989 (morbida finale con lo Steaua Bucarest a Barcellona alla presenza di Craxi e di tutto il mondo del Cavaliere graziosamente trasbordato in Spagna) e campione d’Europa l’anno successivo. Campione intercontinentale 1989 e 1990.
Se il Napoli (fisicamente a pezzi) non gli avesse “offerto” lo scudetto del 1988, col famoso sorpasso del primo maggio a Fuorigrotta, il Milan di Berlusconi non sarebbe mai nato.
Allora la Coppa dei campioni cominciava direttamente dai sedicesimi di finale e si risolveva in nove partite. Un torneo breve, facile da gestire.
Non solo il Napoli agevolò la storia trionfale del Milan di Berlusconi (e Sacchi), ma al primo anno in Coppa dei campioni la squadra rossonera ebbe un’altra fortuna. Si salvò negli ottavi di finale a Belgrado dove stava perdendo con la Stella Rossa (che si sarebbe così qualificata) quando calò una nebbia benevola facendo ripetere la partita. Nella ripetizione il Milan vinse ai rigori e passò ai quarti.
Tornando alla firma del Cavaliere sulle maglie del Milan nella partita di Verona ci piacerebbe saperne di più. E’ tutto regolare? Non ai posteri l’ardua sentenza, ma a qualche organo federale competente, oggi.
Mimmo Carratelli

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