ilNapolista

Una genovese per metter fiato sul collo al Milan

Forchette armate. Per la partita contro i blucerchiati chiedo la scorta o almeno un grembiule (detto “o’mantesino”, vero, Brak?) antiproiettile, oltre che antischizzo. E mi firmo con uno pseudonimo. Ancora minacce, stavolta congiunte: dalla Sacra Corona Unita, quella pugliese e da un tale romano, figlio di napolisti, che lavora al Colosseo come centurione. Pare lo chiamino “Ilario il farabutto, prima beve ‘a birra e dopo te fa er…” . Ho tentato di reagire ma non c’è stato verso: “Se non metti la forchetta a centrocampo, ti uccidiamo, non puoi dire che mercoledì è andata male, in fondo con l’Inter non abbiamo perso, ai rigori non conta”. Un po’ come il Felice Caccamo che, con lo sfondo della Torre Eiffel, annunciava: “Vi parlo da una località segreta”, sono costretto da regole cabalistico-scaramantiche a non rivelare qui la mia identità. Sotto la testata del napolista c’è scritto “Informazione ed analisi politico-calcistica”, andate pure a verificare. Posso quindi affermare: stanno tornando le brigate rosse. Io preferisco la mia personale brigata di cucina. E per la mia brigata – moglie e figlio – solo per lei… cedo al ricatto e propongo la ricetta (suona anche bene). Ma infittisco il giallo con un mistero: c’è la Sampdoria, somministriamo “â genuvese”. Ad Ascoli conoscono le olive all’ascolana. A Bologna sanno perfettamente cosa sia il sugo alla bolognese. A Genova non provate a chiedere al ristoratore gli ziti spezzati alla genovese.
Penserebbe di essere su scherzi a parte. Perché, allora, “â genuvese”? Provate a fare un giro in internet e troverete infinite spiegazioni: cuochi genovesi sbarcati a Napoli nel ‘400 o nel ‘600; Ippolito Cavalcanti disquisisce su “a genuvese” in una sua opera; Luciano De Crescenzo ipotizza che “Genovese” possa essere il cognome dello chef che ha inventato la ricetta. Insomma, un enigma è questo sugo con carne e tante ma tante cipolle. Non ho la presunzione di svelare l’arcano e lancio una proposta: prima della partita, accogliamo i sampdoriani con un bel piattone di ziti (o maccheroni o paccheri o maltagliati o mezzani o candele spezzate) alla genovese, non tralasciando di impiattare con bel pezzo di carne per meglio guarnire la portata. Noi mangiamola in serata, meglio domani, a genuvese.
“Riposata e riscaldata” è ancora più buona. Accompagnata da un bel bicchiere di rosso, magari un Falerno del Massico (la casa vinicola sceglietela voi, se no dicono che esagero con la pubblicità gratutita). Se riusciamo a convincere i doriani a ingollare un bel piattone prima della partita, tutto andrà bene. Ma per Cavani e Lavezzi una raccomandazione: evitate il fiato sul collo dei difensori. Se no… si scaldino le riserve. Il nostro fiato lo riserviamo per tenerlo sul collo del Milan.
Forzanapolisempredovunquecomunque.
di Tovagliolo azzurro

La ricetta
Ziti (o maccheroni o paccheri o maltagliati o mezzani o candele spezzate) â genuvese

Come ho detto, esistono più versioni de “â genuvese” che di Alì Agca sull’attentato al Papa. Luciano De Crescenzo sostiene che ogni quartiere napoletano, anzi ciascuna famiglia, abbia la sua personale ricetta. Che siano indispensabili carne, cipolle, olio extravergine d’oliva, sedano, carote – oltre alla pasta – è una delle poche certezze. Non avendo la presunzione di innovare “â genuvese”, mi permetto di “linkare” quanto spiega un vero esperto della materia, Luciano Pignataro: il napolista è un sito web, se state leggendo significa che siete collegati ad internet.

http://www.lucianopignataro.it/a/la-pasta-con-la-genovese-a-napoli/3543/

Buon appetito e forza Napoli.

ilnapolista © riproduzione riservata