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Che goduria il giornale
di notte a Genova

Come volete che finisca una trasferta che comincia nel ristorante dove Diego andò a mangiare per festeggiare il gol a Bistazzoni nel fango di Marassi… Dieci ore di treno in due giorni, ma ne valeva la pena. La foto di Lui è lì, in bella mostra, anzi ce ne sono due. Diego che sorride, abbraccia e tiene la mano a donna Rina, interprete di una cucina da favola. Roberto mi accompagna come si fa coi bambini: vieni, ti faccio vedere una cosa, venne a mangiare qui dopo quell’1-0 alla Sampdoria. E tra un Pigato e una cappesanta, un Vermentino e uno spaghetto, una risata e un baccalà, uno sfottò e una fritturina, l’inedito terzetto si avvia verso il centro storico. Donna Costanza ci saluta in via Tolemaide – doveroso tributo a quei giorni di sangue – e noi si va a Marassi, non prima di esserci fermati in un bar con la scritta: “Benvenuto, fratello napoletano”.
E’ uno stadio inglese, il Ferraris, sembra un palazzo. Noi entriamo e siamo tutti lì, con una rete metallica davanti. E’ strano, discutevamo a tavola, in Italia il calcio non è considerato uno spattacolo ma un rito tribale per appartenenti a una delle due tribù che si fronteggiano. Noi siamo lì, cinque napolisti sulle gradinate, sediamo un Trapani agitato che voleva andarsi a vedere il match sul tetto dello stadio. Se non scorge il fallo laterale, non si sente bene. Così dice. Lo rassicuriamo: oggi giochiamo per vie centrali, stai tranquillo. Lui si placa. Stai qua, quando segna Marek ti dò uno schiaffo. E Crestone non viene meno, la butta dentro di testa e Fuorigrotta è tutta lì. Sì, il gemellaggio, le città di mare, tutto quello che volete voi, ma vogliamo i tre punti e qui non vinciamo da una vita. Giochiamo come una volta, stiamo lì a soffrire. Davanti non c’è nessuno; Lavezzi un po’ manca, lo ammetto. Ma, soprattutto, ho capito che con questa storia della tessera del tifoso mancano gli ultrà in trasferta. E quindi ce ne sono di improvvisati. Volenterosi, certo, però non proprio professionali. Fanno quasi tenerezza.
Poche storie, l’unico che temiamo è Toni. Loro sono forti in difesa. Solo la Gazzetta poteva dare 5 a un giocatore come Ranocchia. A centrocampo un po’ meno. Eppure noi stiamo là a soffrire. Il Napoli è stanco e si vede, Marek perde qualche pallone di troppo, persino io gli sacramento contro. Quando Marco Rossi la butta fuori a porta vuota, incrocio lo sguardo di Roberto: si può fare, ma non lo diciamo. E quando Mazzarri si toglie la giacca, ci crediamo un po’ di più. Triplice fischio finale, ciao ciao, Genova è davvero per noi. Aspettiamo nel settore che lo stadio si svuoti. E poi con l’autobus in albergo. Abbiamo vinto. Io quasi non ci credo. Il tocco di classe è l’acquisto del Secolo XIX all’edicola notturna e leggerlo passeggiando sul Lungomare. Una goduria.
Il resto è turismo, l’Acquario, via del Campo giusto dietro l’albergo che chissà se c’è una nuova graziosa con gli verdi color di foglia. E’ una strana città, Genova. Un po’ Napoli, un po’ no. C’è il Nord e c’è il Maghreb. E poi c’è il mare e la cucina. E poi i tre punti. Siamo secondi. Ci crediamo? Mah. I limiti ci sono, non c’è dubbio, però non si sa mai. Questa squadra ha carattere, non si arrende e sa soffrire. Non è roba da poco. Secondo me a gennaio capiremo se società e allenatore ci credono. Perché ha voglia Aurelio di fantasticare sull’eurocampionato e dire che la Champions è già roba vecchia. Per fortuna, è ancora minoranza. A noi il tricolore schifo non ci fa. Siamo lontani, lo so; anche un po’ inadeguati, lo so. Però un segnale servirebbe, per capire se almeno un po’, loro, ci pensano. A noi, in fondo, basta poco. Basta farci sognare, come ha detto Antonio sulle gradinate di Marassi. Ci vediamo a Milano alla Befana, ciao guagliù…
Massimiliano Gallo

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