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Mazzarri e De Laurentiis
ci rovinano il fegato

Alla fine Mazzarri si è degnato di fare una piccola ammissione: «Negli ultimi minuti qualcuno dei ragazzi è venuto meno». Se ne accorge anche lui, guarda un po’. Il lampo di chiarezza arriva proprio all’ultima battuta delle interviste postpartita. Non va bene, mister. Poca autocritica, troppo poca.  Evidente quale sia stato il limite principale del Napoli, contro il Liverpool: l’assenza di ricambi. L’abbiamo pagata nella stanchezza dei gregari, vale a dire negli errori che hanno favorito le reti del Liverpool. Ma anche nella débacle tattica dell’ultima mezz’ora: d’accordo il primo momento di allarme per l’ingresso di Gerrard. Ma una squadra capace per esempio di avvicendare adeguatamente uno dei tre attaccanti sarebbe riuscita a riportare un po’ alla volta il baricentro in avanti. Invece Lavezzi s’è visto costretto a giocare sempre da solo, e ha finito anche lui senza forze. Qualsiasi possibilità di reagire è venuta meno.
Nella gestione del calciomercato Mazzarri ha seguito una filosofia molto chiara: in panchina servono solo giocatori di sostanza, tenerci quelli più tecnici è un lusso inutile, addirittura un pericolo. Questo in ossequio alla celebre omogeneità, altro suo must. È la stessa idea che gli ha suggerito di mandare via Quagliarella. E che, riguardo alle seconde scelte, lo ha spinto a liberarsi di Cigarini, di Datolo. Lui non vuole “anomali”, per dirla nel gergo di Arrigo Sacchi. E la citazione non è casuale, perché con il sopravvalutato guru del primo Milan berlusconiano, Mazzarri condivide un certo integralismo. Severo nell’applicare la sua visione del calcio. Severo al punto da liquidare Quagliarella come uno che altera gli equilibri. Da ritenere che Cigarini non abbia posto nel suo modulo. Che un eclettico come Datolo sia assolutamente superfluo. L’anno scorso abbiamo colto successi memorabili come quello di Torino con la Juve anche grazie ad “anomali” come Datolo. Ovvio: erano sopravvivenze del Napoli di Pierpaolo Marino. Fosse stato per Mazzarri, quella corsa folle di Datolo da cui venne il 3 a 2 di Hamsik non l’avremmo mai vista.
A Liverpool uno come Cigarini sarebbe servito eccome. In quei decisivi frangenti del secondo tempo in cui il panico e la stanchezza (sommati all’inesperienza) hanno favorito i gol inglesi, il centrocampista capace di pulire il gioco, di gestire il possesso, avrebbe forse cambiato la storia. Naturalmente il problema non è solo Mazzarri. A De Laurentiis non sembra vero di poter risparmiare sulle seconde linee. Già pregusta l’incasso di almeno uno tra i vari riscatti milionari lasciati in giro con i prestiti. Niente di scandaloso, non ne va fatta una questione di principio. Casomai di opportunità. Non valeva la pena sacrificare l’attivo di bilancio per avere un organico più ricco? A parte gli utili che si consolidano, De Laurentiis sembra sollecitato anche da una specie di compiaciuto cinismo. Lo stuzzica l’idea di non essere più il “pollo da spennare” dell’ultimo calciomercato di Marino. Quello che paga Quagliarella 16 milioni, convinto di aver regalato troppo all’Udinese. Ora si guarda allo specchio e si trova molto figo perché nessuno più si arricchisce alle sue spalle. Dovrebbe però scuotersi un po’ da questo narcisismo e mettere in conto anche il nostro fegato. La rabbia che ci intossica dopo quel ditino di Gerrard a zittire la nostra curva, al primo gol. Altro che Liverpool, qua è “the liver”, il fegato, che si gonfia all’inverosimile. Meglio che De Laurentiis si abitui a considerare anche simili voci, nel suo bilancio. Il calcio è un azienda, fatta però anche della passione e del sentimento dei suoi tifosi. Non si può pianificare tutto: abbiamo il diritto di andarci a giocare l’Europa senza uscirne a testa bassa. Se s’impunta sull’iper-razionalismo della programmazione che viene prima di tutto, il presidente cade lui pure in un eccesso integralista. Proprio come Mazzarri.
Errico Novi

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