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Caro Tu

Caro Tu,
quest’anno sono stata veramente buona, una buona napolista: ai Mondiali, ho gufato contro l’Italia fin dal primo momento, sostenendo che non avrebbe mai passato il primo turno; ho tifato Argentina e lasciato i tuoi colori appesi al balcone fino a settembre, a ricordare a tutti dov’è il Paradiso; mi è dispiaciuto vederti in balia di Messi e tristemente rassegnato contro la Germania; quando guardo i video che ricordano le tue gesta mi commuovo sempre e, quando non mi commuovo, rabbrividisco, a testimonianza che il tempo, anche se passa, non sempre guarisce tutte le ferite; ho stretto la mano a Pal’ e’ fierr, pensando che quella mano aveva stretto mille volte la tua ed è stato quasi come ricevere una carezza.
Non ho molto da chiederti, in regalo, forse solo un po’ più di buona volontà da parte di Dela, che Mazzarri sia un po’ meno ottuso nelle sostituzioni e che tutti si abbia un po’ più di rispetto verso i tifosi, sia quando pagano che quando no.
Eppure. Eppure forse l’unico desiderio da esprimere sarebbe quello di non averti mai conosciuto. Se tu non fossi venuto al mondo, cinquant’anni fa, noi qui sulla Terra non staremmo a fare inutili quanto oziosi paragoni, non staremmo ancora tutti aspettando il ritorno del Messia. Non avendoti mai visto giocare, non sapremmo neppure cosa significano parole come perfezione, genio, fantasia, estro, creatività. Non ci vergogneremmo persino di chiamarti per nome, non cercheremmo epiteti superbi come Dio, Gesù, Maestro, Iss, Lui. Niente. Ci sarebbe una tabula rasa e tutto un tempo e un mondo per ricominciare. Caricheremmo i nostri giocatori perché sarebbero gli unici da acclamare. E invece no, tu sei esistito, sei stato vero, nostro e forse di questo non ti perdonerò mai. Ci hai lasciati in un limbo fatto di arrancamento, solitudine, sconforto e piedi guasti, carenza di mentalità e di spogliatoio. Persino Mery non prepara più gli spaghetti a vongole come piacevano a te. E Carmando, poi, se ci fosse almeno lui potremmo avere un pezzettino di te. Ma no, il Fisco ci impedisce persino di guardarti più da vicino che non sia uno schermo televisivo, levandoci quel pizzico ancora di speranza che ci era lecito conservare. Che triste vita, la nostra, senza di te. Orribile pensare che non tornerai più. Che nessun tifoso potrà mai ripetere “Marò, Maradò, si’ a guerr’”, come il giorno in cui per la prima volta tirasti un pallone al San Paolo. Nessuno stadio sarà mai più così pieno come quando c’eri tu, non vedremo mai più tre vittorie consecutive come quando tu eri il nostro Capitano. Vogliono persino eliminarti dalla nostra memoria, i pazzi: non sanno che neppure un elettroshock collettivo potrebbe arrivare dove non è arrivata la mano di Dio.
E allora, caro Tu, tanti auguri. Auguri napolisti. Auguri da un popolo che hai lasciato senza Re e senza Padrone. Perso nell’incanto di uno scudetto indimenticabile. Se puoi, mandaci un sostituto, prima o poi. Un saluto, almeno. Qualcosa a cui appigliarci per sperare. Eri tutto ciò che meritavamo e non abbiamo saputo conservarti se non nei nostri cuori. Ma, si sa, a Napoli siam fatti così. Napolisti dentro ma  altrettanto piagnoni e re Mida al contrario.
Sommersi da chilometri di spazzatura e quasi assuefatti alla puzza che la munnezza ci rimanda. Buon Natale, Diego Armà, oggi voglio proprio chiamarti per nome. Magari, dopo, ci lascerai tutti in pace.
Ilaria Puglia

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