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De Laurentiis: Il mio Napoli destinato a stupire

Aurelio De Laurentiis vive nel futuro. Lo carezza e lo modella. Ci va di cesello e di scalpello. È un innovatore e, per sua stessa definizione, un irrequieto. A volte, però, è costretto a fermarsi: «Mai». Ne vale la pena, si fidi: domenica, con la Samp, il Napoli ha collezionato la centesima vittoria della sua era. Auguri. «Ah, sono davvero felice. Grazie. Le celebrazioni fanno piacere, quando si lavora a testa a bassa». In certi casi si dice: cento di questi giorni. Ma questa volta sarebbe riduttivo. «Già, mai porsi limiti. Speriamo di vincere tante partite in più». Cominciamo dall’ultima, dalla Sampdoria: partita eccezionale, non trova? «Ho visto sin dall’inizio una squadra brillante e gagliarda. Anzi, nei primi venti minuti i nostri giocatori sembravano dei cyborg. Sembrava un film di fantascienza. Sono rimasto incollato davanti al televisore a entusiasmarmi». Mazzarri ci credeva, e lei? «Avevo pronosticato un 3-0…». Cento vittorie: qual è stata la più bella? «Non una partita, ma il passaggio dalla B alla tanto agognata serie A. Un ricordo indelebile. Una notte indelebile». Con un fiume di napoletani in strada fino all’alba. «Ecco, la passione dei tifosi mi aiuta a superare la stanchezza e le difficoltà. È ovvio che non tutti la vedano nello stesso modo, ma il loro enorme, inesauribile, gigantesco amore per il Napoli mi rende orgoglioso. E mi regala la forza per fregarmene di chi non capisce i problemi di un calcio che potrebbe trovare nuova linfa». La centesima perla di Marassi ha ridato gioia e cancellato la preoccupazione. «Sì, ma ripeto: non dobbiamo mai porci limiti. Io dico che non abbiamo ancora visto tutto. Anzi, non abbiamo ancora visto nulla». Che, tradotto in obiettivi, significa? «Che dovremo vederne ancora delle belle. Napoli è una realtà unica in Italia: qui il calcio è estremamente importante, e noi siamo un club in costante crescita ed evoluzione. La società è risorta dalle ceneri delle carte bollate ed è ancora troppo giovane per aver soddisfatto tutte le aspettative». Vivere di calcio implica anche severità: la riscontra nella città? «Ma no, no. Il calcio è uno sport molto familiare e tutti sono allenatori: se dovessi ascoltare venti tecnici diversi o duemila tifosi, scoprirei che ognuno mi suggerirebbe una squadra diversa. E allora, bisogna essere capaci di rispettare i ruoli: se scelgo un allenatore, devo seguirlo e preservarlo. Salvo poi rimuoverlo per il bene dei colori». C’è una vittoria mancata che rimpiange? «Io non rimpiango, vivo nel futuro. Sono uno che si scaglia contro le ingiustizie, ma poi basta. Dimentico perché non sono un astioso e vado avanti, nel futuro, a testa alta». Mazzarri fa rima con vittoria molto spesso. «C’è un motivo se l’ho voluto fortemente. C’è feeling. Mi piace la sua professionalità, la disciplina e la chiarezza. E lui stesso le pretende da tutti: calciatori e manager». Un sergente di ferro anche con lei?. «(ride) È un lottatore come me. Non molliamo mai, e anzi forse ci piacciono più le situazioni complesse». Domani arriva il Chievo: che Napoli s’aspetta? «Guardate, sarà durissima. E poi, di solito dopo una vittoria c’è sempre un po’ di relax: ecco perché mi piacerebbe trovare un San Paolo pieno di tifosi, che stiano accanto alla squadra in un momento delicato e l’aiutino a capire di dover confermare la virtù di gioco». A proposito: conferma l’idea di una squadra femminile? «Certo. Ho anche discusso con Moratti dell’ipotesi di creare un campionato professionistico con Napoli, Inter, Milan, Juve e così via: in Italia le donne sono trentasei milioni, è assurdo ignorarle». Tre nomi, presidente: Fabio Quagliarella. «Cedendolo in prestito alla Juve, ci ho rimesso soldi. Mica ho guadagnato. Però non esistevano più i presupposti perché giocasse serenamente e con felicità nel Napoli, e così ho trovato una soluzione. Lui è un calciatore di assoluto valore, ma in queste condizioni il suo patrimonio personale sarebbe stato depauperato». Il secondo: Michel Platini. «L’ho incontrato sabato a Capri e abbiamo parlato a lungo: sia chiaro, io non sono mai stato contro l’Europa League, ma gli ho spiegato che a mio avviso le retrocessioni dalla Champions non sono logiche. L’anno scorso l’Atletico Madrid ha conquistato l’Europa League venendo dalla Champions, che senso ha? E allora, gli ho proposto di sostituire le due competizioni esistenti con una sola, nuova, riservata alle prime otto squadre di ogni campionato europeo. Mi ascoltava intrigato». Il terzo: Diego Armando Maradona. «Sono pronto ad accoglierlo a braccia aperte, ma non credo che la sua festa al San Paolo possa essere organizzata in un batter d’occhi. Maradona è Maradona. Capisco che il suo nome entusiasmi, ma tutto deve essere perfetto perché possa venire a Napoli. Bisogna preservarlo da mille problemi che vanno dal Fisco alla sicurezza. Io direi: creiamo un comitato, che sarei anche felice di presiedere, e studiamo bene con Bagni e i suoi amici ogni aspetto del suo ritorno. Così che la festa sia davvero una festa»
Fabio Mandarini (da il Mattino)

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