E’ uno strano tipo il nostro presidente. E per una serie di ragioni. A lungo recita il mantra “il Napoli ai napoletani”, facendo appello alla retorica del ritorno dell’emigrante. E poi, quando davvero un napoletano sceglie di indossare la maglia azzurra, lui gli si scaglia contro in modo piuttosto violento e sgradevole. E’ accaduto poche settimane fa con Quagliarella (stiamo ancora aspettando i complimenti di società e allenatore per il suo Mondiale), l’ha ripetuto ieri con Paolo Cannavaro (in realtà lo ha fatto anche lo scorso anno con Lavezzi, una sorta di napoletano adottivo). Guarda caso, ovviamente, De Laurentiis si indispettisce quando si sente colpito nel portafogli.
Non facciamo i finiti romantici. In sedi di rinnovo contrattuale, è ovvio che le parti comincino a dialogare da posizioni distanti. Poi, se c’è la volontà di chiudere, ciascuna rinuncia a qualcosa. Avviene così da una vita. Ma che bisogno c’è di tirare fuori la retorica della napoletanità? Poiché Paolo Cannavaro è napoletano deve ringraziare il presidente di poter giocare al San Paolo e magari dargli anche qualcosa di soldi? Paolo non è Fabio, ovvio, ma è il nostro capitano e ha giocato un signor campionato. Non meritava un simile trattamento. Non si ha intenzione di rinnovargli il contratto perché le sue pretese sono ritenute troppo ambiziose? Bene. Il presidente è lui e ha tutto il diritto di farlo, basta parlar chiaro. E’ una questione di soldi, non di affetti traditi. Il buon Aurelio non è il solo autorizzato a lucrare dal cuore azzurro. Se la sua priorità è il bilancio non vedo perché il principio non debba valere anche per gli altri.
Massimiliano Gallo
Ma ai soldi può pensare soltanto De Laurentiis?
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