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Ma l’effetto Napoli
arriva troppo tardi

Affogare dentro a un polipo morto, minerale calda. Niente meglio dei versi di Victor Cavallo raccontano il primo tempo della partita Italia-Slovacchia. Nel secondo il sussulto viene dal sud (con buona pace di Bossi e di Zaia) e passa dai piedi di Fabio Quagliarella che rende vivo il poster di Antonio Di Natale, e Maggio che da un senso alla fascia destra. Insomma un effetto Napoli ma con ritardo. Anche perché tutto comincia a girare solo quando entra Andrea Pirlo, persino i bambini hanno visto che prima si giocava senza un regista né una mente con Montolivo (una prece). Nel paesaggio di macerie che è il secondo tempo a distaccarsi è proprio Quagliarella che prima entra in area triangolando con Iaquinta, tira, il portiere slovacco Mucha respinge e l’ex compagno dell’Udinese, Di Natale, può accorciare le distanze. È il trentaseiesimo, e comincia la partita di Fabio Quagliarella, ragazzo di Castellammare di Stabia, una partita da racconto di Osvaldo Soriano, fatta di due gol fantasma e uno da tenersi per i ricordi, che consegna ancora una volta il nostro paese agli infelici se e ai rancorosi ma, e il calciatore del Napoli alle figure mitiche e sfortunate come el Gato Diaz e Constante Gauna. Nella squadra di ombre da ferrovia in disuso, quella di Quaglia è l’unica che prova a cercare la luce, è l’unica che crede all’arrivo del treno, ne sente da lontano il fischio, come il signor Belluca di Pirandello, e quando scopre la realtà, tra i pochi a piangere, consolato da Cannavaro. Perché ha sputato l’anima sull’erba, e non poteva accontentarsi di quei pochi minuti e di un mondo fatto di occhi, poltrone e vuvuzelas. Lui che ha un padre bidello e viene da un anno di alti e bassi, e sa cosa vuol dire aspettare fuori dalle porte che contano. Se entri, non fai scena muta. Se entri ci provi in ogni modo, e ti resta anche il dubbio che non basti segnare ”gol da pazzi“ come ama ripetere. Lui, ragazzo del sud che ha imparato tutto a Torino, emigrante del calcio, che non se la sente di mollare, e finisce per segnare tre gol, due visti solo dagli italiani e uno da tutto il mondo. Al ventiduesimo in area di rigore, destro al volo, Skrtel respinge sulla linea. Il replay dice che forse la palla è entrata. Al quarantesimo Di Natale a sinistra, salta il difensore slovacco e crossa basso: Quagliarella appoggia di interno sinistro in porta. Annullato per fuorigioco: se c’è è millimetrico. Siamo oltre il realismo magico. I fantasmi usciti da un racconto di James ancora danzano a bordo campo e ridono di noi. Quarantottesimo, De Rossi riesce a servirlo e lui da cecchino, prende la mira, sparando un pallonetto di destro, che scavalca il portiere polacco ma non il risultato e la tristezza della gara. Tra equilibrio e disastro, si esaurisce anche la spinta propulsiva napoletana. Rimane il sudore di chi c’ha provato, di chi è stato sufficientemente pazzo da pensare a una impresa. L’immagine è da balena morta, con tutti i pesci attaccati, impigliati nella rete sbagliata, quella del passato.
Marco Ciriello
(tratto da Il Mattino)

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