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Mary Bruscolotti: “Noi sì che eravamo mogli”

Mary Bruscolotti: “Noi sì che eravamo mogli”

«Ciao Beppe, complimenti, sei un mito. Però scusa, a me interessa tua moglie…». “Pal é fierro” oscilla come davanti a una finta di Pierino Fanna, ma non abbocca. «Ho capito. Meryyy… vieni? Vogliono te, come sempre».
Arrivo al “10 maggio 1987” di Posillipo, il ristorante dedicato alla vittoria del primo scudetto degli azzurri, incuriosito da una prima visita della “napolista” Ilaria Puglia, che aveva tirato fuori un intimissimo racconto sul brivido brusco provato nel santuario gastronomico della squadra delle meraviglie. Ho appena mangiato un pacchero alla genovese per ben predispormi all’ultima con la Samp, ma in realtà sono lì soltanto per Mary, la donna che fece di quella squadra che dominò in Italia e in Europa una famiglia di fatto, a suon di cene e manicaretti. A fine serata la cerco con lo sguardo e non la trovo, sto quasi per andare via rassegnato quando la mia giovane compagna di cena, che manco sapeva chi fosse Bruscolotti e in più tifa Juve, decide finalmente di collaborare. Vede una foto sul muro dove Maradona e Claudia sono accanto a una donna bionda con occhi azzurri, felliniana, oggi più di ieri. Fa rapidamente una radiografia da lontano a una donna in sala, le scannerizza al volo fianchi e rughe e me la indica sol sorriso malizioso: come a dire, è lei, tranquillo, noi donne abbiamo l’occhio clinico per gli anni che passano, fidati.
Io però preferisco passare prima per Peppe Bruscolotti, che è un timido furbo e consapevole, di quelli che poi se ne fanno scudo per sottrarsi, talvolta, al racconto dell’ennesimo aneddoto all’avventore di turno. A Mary, invece, parlare piace proprio. Arriva e si piazza lì, nel salottino del “10 maggio”, a fumare e salutare i clienti che vengono lì attirati dal fascino del grande campione, ma anche da una cucina originale ed elaborata, quasi poco napoletana. «Io e Beppe siamo forse l’immagine di tutto ciò che manca nel calcio moderno, l’amicizia personale, tra calciatori, mogli, lo stare insieme, il vivere insieme i successi col gruppo. Negli anni dello scudetto le mogli avevano un ruolo importante, andavano allo stadio, oggi se ne vedono così poche, anche a Napoli. Tutte veline? Non so, all’epoca diciamo che ce n’era una sola, Paola Perego, la mia più grande amica», racconta lady Bruscolotti.
Ma di autografi ne firmava più Mary, moglie di quel “palo di ferro” che lei chiama invece “tenerello”, il suo primo amore. Il secondo è stato Diego Maradona, platonico, certo, un’amicizia vera con corteggiamenti reciproci. «Un giorno vidi una pelliccia in vetrina, mi feci scappare davanti a Diego che era bellissima, lui me la fece trovare a casa il giorno dopo», racconta Mary. Ma lei faceva altrettanto con lui: «Lo coccolavo col cibo, in qualsiasi momento. Una sera venne da noi, stavamo facendo i lavori a casa, non avevo nulla in cuciina, gli preparai gli spaghetti aglio, olio e peperoncino. Da quel momento voleva solo quelli, anche quando andava a mangiare alla “Sagrestia”. Usciva e mi diceva: Mary me li fai due spaghetti come sai fare tu, adesso».
A tutti gli altri giocatori di quel Napoli il mercoledì sera Mary faceva invece la pasta e patate. Ma non per Diego, che si fece recapitare da Carmando, ai Mondiali del Messico, una boccetta di olio e peperoncino di lady Bruscolotti: «Gli portò bene. Vorrei fare lo stesso per il Sudafrica, se trovo qualcuno a cui affidarla…».
Nella bacheca del ristorante campeggia una maglia numero dieci dell’Argentina, quella dei Mondiali vinti da Diego, con la dedica ai coniugi Bruscolotti. «German Denis mi ha detto che dovrei toglierla di lì, che forse adesso vale tanto per i collezionisti, potrebbero rubarla, io quasi quasi ne faccio fare una copia…».
Poi la conversazione si sposta sul marito: silenzioso, tosto, carismatico. «Peppe anche oggi sarebbe stato un ottimo team manager per il Napoli, ma forse De Laurentiis non sa nemmeno chi sia, lui non conosce la storia di questa società. Qui a Napoli hanno dedicato a Peppe un altro club. Quando? Quindici giorni fa…».
Vado via non resistendo all’ultima tentazione, stavolta con Beppe: «Volevo dirti che da cinque anni, a Roma, gioco un torneo di calcio con la maglietta con su scritto Bruscolotti. Ovviamente, non ti faccio fare bella figura…». Ma “palo” non sembra turbato: «Anche a Roma mi conoscono tutti, mi chiama spesso una radio di tifosi napoletani della capitale…». Si, va bene, Beppe, penso tra me e me lasciando il locale, ma se fosse per me io chiamerei tua moglie, prenoterei i miei spaghetti e sulla maglietta scriverei “merypersempre”.

Luca Maurelli

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