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Se Balotelli scoprisse Napoli

Vivo in questa contraddittoria e bellissima città da sempre e nell’ultimo anno, per la prima volta, ho pensato seriamente di andar via. Eppure sono rimasta qui. Ferma al palo. Il fatto è che questa città o la ami o la odi, non sono possibili vie di mezzo. Ed io la amo dell’amore peggiore: non posso farne a meno.
Non c’è un servizio che funzioni, qui, nessuna sicurezza (né casa, né posto fisso, figuriamoci una passeggiata notturna al centro senza pericolo di subire come minimo un borseggio), è vero, nessuna garanzia di legalità, sopravvive chi è più forte, anzi, più furbo e riesce ad anticipare le mosse degli altri come nel miglior film western che si rispetti sopravvive chi è più veloce a tirar fuori la pistola.
Eppure una città così ti insegna a sopravvivere, ad arrangiarti. Passa la tua vita qui e potrai vivere ovunque. Nulla ti farà più paura, nulla più ti segnerà. Napoli ti fa sentire vuoto e pieno in un istante, uno solo, come il gioco del sacco. Basta un attimo. È tutta questione di attimi e di colori, quelli che forse ho intravisto solo in Spagna, ma lì sono tanto più civili di noi che per un attimo ho pensato che, a vivere lì, avrei potuto soffocare.
Probabilmente è vero che i calciatori che contano (degli altri vip francamente me ne frego) non troverebbero, da noi, l’atmosfera della Milano da bere o dell’Hollywood romano (se poi i baretti devono essere il nostro luogo di riferimento mondano stiamo veramente inguaiati), ma ci troverebbero un sacco di altre cose che altrove non sarebbe possibile neppure immaginare. E credo che sia per questo che vengono qui a giocare, o almeno dovrebbero. E se questo non ci consentirà mai, forse, di avere campioni del calibro di Balotelli o Milito, ci permetterà, un giorno – lo so, ne sono certa, lo so – di tornare ad avere una squadra fatta di compagni azzurri, gente che sta lì e sbarca il lunario (anche con milioni di euro di ingaggio) perché una domenica al San Paolo è meglio di una copertina su Novella 2000 e perché quello che ti dà la gente di questa città, no, non puoi trovarlo altrove: l’immortalità. Vedi Napoli e poi muori. Conquista il cuore della città e non morirai più. Ditemi voi se non è una meraviglia un’oasi così.
Ecco, è da qui che secondo me si deve partire, da quello che c’è di buono e unico, dalla napoletanità, una risorsa, una marcia in più. Adesso possiamo iniziare a parlare seriamente di quello che c’è da fare per salvare questa città, ma davvero, però: che non resti solo un elenco di problemi. Quelli ce li abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, almeno chi è rimasto. E chi non è potuto andar via. Sotto a chi tocca. Ricominciamo da qui.
Ilaria Puglia

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