Cassano? Sarebbe bellissimo

Ci sono cose, nel calcio, come nella vita, che restano inspiegabili. E forse è un bene che sia così. E vi spiego perché. Domenica mi sono incantata davanti allo schermo. Certa della sconfitta contro la Samp (che, devo dire, è stata molto meno amara del previsto, con un ottimo Napoli, nonostante le importanti assenze, e […]

Ci sono cose, nel calcio, come nella vita, che restano inspiegabili. E forse è un bene che sia così. E vi spiego perché. Domenica mi sono incantata davanti allo schermo. Certa della sconfitta contro la Samp (che, devo dire, è stata molto meno amara del previsto, con un ottimo Napoli, nonostante le importanti assenze, e che quasi ha fatto lo scherzetto ai doriani) cercavo soltanto qualcosa che potesse affascinarmi un po’ colorando la partita di un po’ di magia. Bè, quel qualcosa è un qualcuno e si chiama Antonio Cassano. In tutti i dibattiti che sono nati sui possibili campioni che starebbero meglio in maglia azzurro ciuccio ho sempre sostenuto che il migliore – ed anche il più pericoloso – fosse lui. Un monello, uno scugnizzo nato, anche se non nato a Napoli. Uno che inventa e si reinventa costantemente, che ti spiazza, come solo un vero genio sa e può fare. Uno che è stato messo fuori squadra a gennaio e che quando è rientrato ha fatto i numeri, che alla fine della partita ha vuotato la bacinella di acqua fredda in testa a Delneri – che gli aveva regalato la standing ovation – e quello non ha fatto una piega, anzi, lo ha abbracciato e, dopo, ha raccontato di una serata passata a tu per tu con il campione a parlarsi davvero.
Ecco, io credo che uno così, certo, dividerebbe il pubblico, ma ci terrebbe incollati allo schermo e al campo, ci farebbe urlare e piangere di gioia e anche di rabbia, come solo un vero campione sa fare. Uno così è capace di prendere la palla, scartare tre o quattro giocatori dal centrocampo all’area di rigore e inventarsi un tiro che non per forza è finalizzato alla porta, ma che diventa un generoso assist indimenticabile. E, intanto, riesce pure ad entusiasmare il suo pubblico richiamandolo all’entusiasmo. Uno così è unico e basta. Ha quel qualcosa in più. Nasce una volta sola. E se pure, forse, non vale quanto Messi o Maradona, ha il genio, la sregolatezza e la fantasia che non possono non far rabbrividire chi lo guarda, chi lo sente.
Tra poco iniziano i Mondiali e per quanto il mio Dna mi imponga di tifare Italia, quasi quasi sarei contenta se l’Italia di Lippi uscisse al primo turno, in modo da tifare Argentina o Slovacchia anch’io e sentirmi libera. Perché io ho adorato Lippi, nel 2006, ma quando è andato a Sanremo ad appoggiare Italia amore mio per un attimo ho pensato fosse impazzito e quando poi ho visto le convocazioni ai Mondiali ne ho avuto la conferma. Perché non si può tenere fuori uno come Cassano. E solo perché, magari, qualcuno, tempo fa, gli promise di non fargli più fare carriera. Non è da professionisti. E se pure volessimo salvare gli affetti più intimi, non è possibile che un tecnico del suo calibro non si renda conto che l’unica cosa che proprio non abbiamo e che proprio ci mancherà, in Sud Africa, sarà uno dotato di fantasia, di immaginazione, di attaccamento, lui sì, ad una maglia che desidera più della sua stessa fidanzata. È da pazzi una cosa così. Ma del tipo peggiore di pazzia. Perciò forse va bene così, va bene che il mistero CassanofuoridallaNazionale resti inspiegabile. Forse servirà a preservare il genio. A mantenerlo pazzo, vivo. L’Italia di Lippi, come la Juventus, di cui è composta per metà, è morta. Poi, per carità, tutto il rispetto per le opinioni contrarie e per quelli che sperano si vada al di là del primo turno. Ma Santiddio se non sarà così…

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