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Hoffer, Rullo e Lavezzi
quanto zucchero dotto’?

Posso cambiare tutto, nella mia giornata: non il caffè al baretto nella traversa di via Toledo. Non che usino una miscela particolare, né che i frequentatori del locale siano diversi da tutti quelli degli altri bar; i baristi, però, sono unici. Tre fratelli, lavoratori indefessi, stakanovisti che farebbero impallidire di sorpresa e poi arrossire di vergogna i più arrabbiati e oltranzisti seguaci del senatùr; e tre immensi appassionati della squadra azzurra, che hanno identificato nel sottoscritto, ammalato della stessa patologia, l’interlocutore giusto per fare da sponda alle loro riflessioni in questa settimana venate di tristezza e perplessità.
Dotto’, dice Lino, il fratello maggiore: ma è mai possibile che questo Hoffèr, che è costato tutti quei soldi, è accussì ‘na chiavica che pure quando ci stanno i morti, i feriti e gli squalificati non lo fanno giocare? Mo’ ho letto che ha fatto tre gol nella partitella, vuol dire che la porta la vede, no? E a me pure nello schifo totale di sabato scorso, mi è sembrato che un poco di voglia per lo meno ce l’ha messa. E allora perché dicono che fanno giocare a quel morto di Denìs, che sta pure fatto male?
Gianni, addetto alla macchina del caffè, dice la sua attraverso la nuvola di vapore: e perché, voi come ve lo spiegate il fatto di Rullo? Quale fatto?, chiedo io; come, risponde, questo lo stipendio se lo piglia o no? E non dev’essere nemmeno uno stipendio da poco, se non si riesce a cederlo a nessuno, nemmeno in prestito. E poi Mazzarri in panchina se lo porta, io ci ho fatto caso, se lo porta quasi sempre. E allora, perché pure quando Dossena non è in condizione di giocare e Aronica è squalificato, si usano Campagnaro o Grava fuori posizione, che è come dichiarare all’avversario: stai tranquillo, accomodati che su questa fascia noi non passiamo la metacampo neppure una volta?
Interviene Antonio, il taciturno fratello responsabile della sezione cornetteria e panineria con annessa gestione della piastra e del microonde: se è per questo, dice, pure Cigarini e Bogliacino mi dovete spiegare a che servono. Noi a gennaio cediamo Datolo, che tanto quanto un’alternativa la dava pure, dicendo che se ne voleva andare per giocare un poco. E questi ce li teniamo per fare le belle statuine, che se a Pazienza e Gargano non gli viene un colpo non entrano in campo né mo’ e né mai. Ma insomma, com’è, non c’è mai una situazione di gioco, una circostanza che faccia pensare a Cigarini? Ma non era l’erede di Pirlo, l’unico della rosa che tira le punizioni o tenta il tiro da fuori area?
Quindi, dotto’, riprende Lino, lo vedete: non è che non teniamo i giocatori, è che sono proprio scadenti; tanto scadenti che nemmeno l’allenatore, che pure in panchina se li porta, se li fida di vedere in campo. E nemmeno escono guaglioni dalla primavera, che pure ci hanno vent’anni e nel calcio moderno a vent’anni giocano pure in nazionale, e quindi se non ne vediamo vuol dire che non ci stanno proprio.
Gianni conclude: come vedete, la posizione nostra non dipende tanto dal valore della squadra che tanto buono non è, quanto dal grande campionato che stanno facendo certi come Grava e Cannavaro che chissà se lo ripeteranno mai più; e dalla stagione sbagliata di squadre come Fiorentina, Udinese, Lazio che come giocatori dovrebbero stare con noi o sopra di noi. Ecco perché, alla fine, dobbiamo essere contenti.
Quanto zucchero, dotto’?
Maurizio de Giovanni

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