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La prima vittima delle parole di Sarri è proprio Sarri

«Ci siamo fatti influenzare dal risultato di Besiktas-Benfica»: in questo modo, Sarri ha bypassato l’analisi della partita. Mostrando un forte segnale di debolezza.

Gianni Montieri l’ha scritto che era ancora notte fonda su Il Napolista. Così come Massimiliano Gallo, e Gianluigi Trapani. In pratica, tutte le voci della nostra redazione hanno manifestato la loro incredulità, insieme alla scarsa condivisione, per le dichiarazioni rilasciate da Sarri nel postpartita di Napoli-Dinamo Kiev. È difficile essere tutti d’accordo così, ma in qualche modo abbiamo espresso una nostra visione d’insieme, comune, su un atteggiamento mediatico che non ci ha convinto.

Quello che vogliamo dire in questo pezzo riguarda il non-detto delle parole di Sarri che, al di là di qualche battuta spicciola, diciamo pure banale, non ha fatto analisi della partita. In qualche modo, ha violentato sé stesso.

Sarri che spiega il Napoli e parla di tattica

Non molto tempo fa sottolineavamo come una delle forze di un Sarri comunicativamente “nuovo” e “diverso” stava in questa sua volontà/tentativo di spiegare le dinamiche del campo, le motivazioni che portavano a determinati fatti all’interno del rettangolo di gioco. Il titolo di quel pezzo era una vera e propria didascalia di questo pensiero: “Ci piace il “nuovo” Sarri che spiega il Napoli e parla di tattica”. E questo è un piccolo estratto del nostro testo di allora:

Nelle ultime settimane, abbiamo sentito parlare praticamente di tutto. Di distanze tra reparti, difesa alta e “fughe all’indietro”, centrocampo che non copre o esterni che non riescono a crossare bene, centromediani che non funzionano perché mancano gli attaccanti in appoggio, strappi, sovrapposizioni e necessità di turnover. Insomma, un affresco a puntate di come funziona, letteralmente, il Napoli. Una cosa affascinante, per chi deve scrivere di questa squadra (gli spunti non mancano mai), e per i tifosi. Ma anche una grossa novità, soprattutto per quanto riguarda le abbottonatissime (e istituzionalissime) interviste degli allenatori della nostra Serie A, da sempre legati a un carnet di frasi fatte o al massimo da polemiche generiche sulle cose che non vanno bene.

Nello stesso pezzo scrivemmo anche di una tendenza “pericolosa” del nostro allenatore, quella che i detrattori definirebbero come “piagnina facile”:

Sappiamo benissimo che anche Sarri non è esente da una tendenza diffusa alla lacrimuccia della lamentazione, ma sappiamo pure che non è il solo. Anzi. Anche per questo, ultimamente, stiamo conoscendo un Sarri ai microfoni più a suo agio, meno ingenuo nei confronti dei media e subito pronto a spostare l’attenzione e la discussione su quelli che sono i temi migliori, per lui. Quelli tattici, appunto.

L’autogol

Qualcosa stava cambiando, in meglio, nella comunicazione “rustica” e “spontanea” di Sarri. Ecco perché, ieri sera, Sarri è stata la prima vittima delle parole di Sarri. Dicendo che il Napoli si era fatto influenzare dal 3-3 di Besiktas-Benfica, il tecnico azzurro ha sottinteso che la forza della sua squadra – il suo modo di giocare, i suoi automatismi, la sua capacità di creare situazioni pericolose e non subirne – è meno forte di un risultato che va male, anzi malissimo, dopo essere stato bellissimo per 90 minuti. 

Non è stata una cosa bella, non è stata una cosa giusta. È stato un errore, ancorché dettato forse da una totale, profonda – anche “tenera”, se vogliamo – ingenuità vestita di sincerità. Come dire (e come detto anche da Trapani, tra le righe del suo stile ironico): forse anche i calciatori del Real Madrid si fanno condizionare dal fatto che una vittoria potrebbe non bastare per portarsi a casa un primo posto, una qualificazione, una roba di questo tipo. Anzi, esageriamo. Diciamolo secco, senza forse: anche i calciatori del Real Madrid si fanno condizionare. Ma non si dice, soprattutto ai microfoni. Non si dice in giro, non si dà adito a nessuno di pensare che il lavoro della settimana, il proprio lavoro – anche più della forza dei giocatori, la loro mentalità, le loro qualità. Si chiama paraculaggine, possa essere così facilmente inficiato da quello che accade altrove.

Vuol dire che…

Vuol dire che Sarri, ieri sera, ha reso inutile il lavoro che in tre giorni dopo Udine ha svolto per preparare questa partita. Vuol dire che il Napoli ha fatto dei calcoli, ha pensato, ha gestito (male, tra l’altro) la propria emotività. Moltissime volte, nell’ultimo anno e mezzo, proprio Maurizio Sarri ha detto che il Napoli non sa e quindi non deve gestire il gioco. Che deve crescere proprio in questo aspetto per diventare una squadra ancora più forte e importante. Sarri ha contraddetto se stesso, perché il gioco e le emozioni sono strettamente collegate. Per le grandi squadra, non dovrebbe essere così. Semplicemente.

Maurizio Sarri ha fatto un autogol comunicativo. Capita, è già capitato, può capitare. Nessuna condanna sommaria, ma una critica costruttiva è necessaria. Si può superare: basta riconoscere l’errore, resettarlo e andare avanti. Resettando pure il proprio sistema di comunicazione. Quando c’era da lodarlo, l’abbiamo fatto. Perché il miglior Sarri è quello che parla di calcio, e che col calcio spiega perché e come le cose funzionano o no. Ieri sera è mancato proprio questo.

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