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Il Napoli di fronte alla svolta di Guardiola: «Ho imparato ad attaccare in maniera diversa»

Il Napoli non ha ancora la maturità per controllare le partite contro certi avversari, e paga le poche alternative (concettuali e d’organico) in attacco.

Il Napoli di fronte alla svolta di Guardiola: «Ho imparato ad attaccare in maniera diversa»

Questione di atteggiamento

Il Napolista ha sottolineato e applaudito il Napoli in grado di giocare a marce ridotte senza compromettere il risultato, la squadra capace di vincere gestendo le partite e i diversi momenti all’interno dei 90′. Un atteggiamento non conservativo né speculativo, di consapevolezza rispetto a una certa forza difensiva e offensiva. Due tipicità confermate dai numeri: il Napoli subisce pochissimo e costruisce molte occasioni, praticamente contro chiunque.

Allo stesso modo, però, il valore dell’avversario può invalidare o comunque rendere potenzialmente inefficace questo approccio. È successo anche contro la Juventus, e il Napoli ha pagato proprio questo. L’avvio volutamente non scoppiettante, di controllo, si è trasformato in uno 0-1 difficile da rimontare. Proprio perché c’era da segnare contro una difesa fortissima, che spera addirittura di essere attaccata per poter rendere al meglio secondo le proprie qualità.

Insomma, il “nuovo” Napoli in grado di controllare sé stesso non ha indovinato la prima parte di partita contro la Juventus. È andato sotto su azione di contropiede, e Sarri nel postpartita ha lamentato la posizione «non abbastanza alta della difesa» sulla transizione tre-contro-tutti avviata da Douglas Costa, rifinita da Dybala e conclusa da Higuain. L’atteggiamento non era quello visto nella prima parte di gara contro il Manchester City. Allora la squadra di Guardiola fu letteralmente costretta nella sua metà campo.

Questione di maturità

Qualcuno ribatterà: il Napoli ha perso anche contro il City. Giusto, vero, inoppugnabile. A differenza del match contro la Juventus, però, la prova contro i Citizens aveva offerto una sensazione di pericolosità diversa rispetto alla manovra offensiva del Napoli. Per dirla facilmente: per larghi tratti del match, la percezione era quella dell’azione pericolosa sempre possibile, di un forcing potenzialmente in grado di cambiare il risultato, di portare al gol. Certo, è stata anche questione di brillantezza per e degli attaccanti del Napoli e di atteggiamento del City, ma la Juventus ha costruito il piano partita proprio per inibire il Napoli. Per limitarlo, per bloccarlo.

Per dirla in maniera semplice: il Napoli non sembra ancora possedere la maturità giusta per gestire anche certe partite, quelle contro le squadre migliori. Il controllo dei momenti è stato avventato contro gli inglesi, troppo presuntuoso con la Juventus. Nel primo caso, il Napoli ha cercato di imprimere un ritmo altissimo alla partita e poi ha pagato lo sforzo – nella ripresa, con le disattenzioni difensive e a causa della forza degli avversari. Contro i bianconeri, invece, è partito in slow play. Come contro Udinese, Shakhtar e Milan. Ma si è trovata sotto e non ha più avuto la forza (qui la brillantezza invocata da Sarri) per poter ribaltare il punteggio. Merito della Juventus, della sua tattica difensiva perfetta. Legittima, e perfetta.

Questione di alternative

L’ultimo punto: il Napoli che non riesce ad imporsi in partite complesse, chiuse, serrate dalla e nella fase passiva degli avversari. Proprio ieri, dopo il 2-1 sul West Ham, Guardiola ha parlato così di sé stesso e del Manchester City: «Ho imparato ad attaccare in maniera leggermente diversa. Normalmente non schieriamo due attaccanti e due ali, forse per affrontare questo tipo di difesa è una scelta migliore. Quando giochi contro squadre che si chiudono senza pensare alla fase offensiva, con 10 calciatori in area, è quasi impossibile distruggere il sistema continuando a manovrare allo stesso modo. Quando mi sono accorto che l’inserimento di un secondo attaccante ha ampliato le nostre possibilità senza farci perdere in qualità, sono stato davvero contento».

Ecco, questo è un discorso che il Napoli fatica ad attuare. Per problematiche riferite all’organico (l’assenza di Milik, che priva Sarri dell’esatta dinamica descritta da Guardiola), per la chiusura di un sistema legato indissolubilmente a un organico con caratteristiche chiare, definite, fisicamente e tecnicamente adatte a un certo tipo di gioco. La ricerca delle alternative da parte di Sarri è limitata all’ingresso di calciatori con movimenti diversi (Ounas per Callejon o Zielinski per Allan, per fare due esempi), ma in ogni caso il senso del gioco fa fatica ad essere stravolto. Probabilmente, la differenza con certi top team sta proprio qui: la possibilità di variare, di derogare dal modello di riferimento.

L’inizio scintillante

Qui andiamo a intaccare discorsi filosofici, economici e di equilibri interni al Napoli, andiamo a stuzzicare anche l’ineluttabilità di certi momenti (l’infortunio di Milik, appunto); andiamo anche a riprendere altre partite bloccate, come quella contro l’Inter o a Verona contro il Chievo. I punti che mancano al Napoli, insieme a quelli contro la Juventus. Pochi, ma riferiti ad alcune problematiche di questa squadra. Le ultime da risolvere, pur nel quadro di un inizio di stagione che resta scintillante.

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