Quelle strane domeniche dell’austerity

Ricordo quelle domeniche mattina. Mio padre aveva una bellissima bici 28″ (il diametro dei cerchi, misurato in pollici) di colore giallo. Io una 22″ di colore marrone metallizzato. Facevamo delle lunghe “scorribande” tra i paesi del Comune spingendoci fino a Falciano o Cancello Arnone. Non si vedeva una macchina in giro. L’atmosfera sulle strade era […]

Ricordo quelle domeniche mattina. Mio padre aveva una bellissima bici 28″ (il diametro dei cerchi, misurato in pollici) di colore giallo. Io una 22″ di colore marrone metallizzato.

Facevamo delle lunghe “scorribande” tra i paesi del Comune spingendoci fino a Falciano o Cancello Arnone. Non si vedeva una macchina in giro. L’atmosfera sulle strade era quasi surreale ma ricordo che le persone in bici erano tante e ricordo, come fosse oggi, la felicita’ nei visi della gente. La spensieratezza.

Eppure a queste piacevoli domeniche senz’auto non ci si era arrivati per un motivo di sensibilizzazione ecologica delle coscienze ma perche’ si doveva far fronte ad una profonda crisi energetica legata ad una grave crisi politica mediorientale. La cosiddetta guerra del “Kippur”, dove, nell’ottobre del 1973 (il giorno dello “Yom Kippur” appunto, che in ebraico vuol dire “giorno dell’espiazione”), Israele, allora non riconosciuta da alcuno Stato arabo, fu’ attaccata sul fronte della penisola del Sinai dall’Egitto e sulle alture del Golan dalla Siria. Fu’ una guerra che duro’ una ventina di giorni e si concluse con un “cessate il fuoco” concordato da entrambe le parti. Nel frattempo la “sinergia” tra Egitto e Siria nel tentare (fallendo) l’invasione d’Israele era appoggiata da quasi tutti i Paesi arabi. Dall’altra parte l’occidente si era schierato’ con gli israeliani. Cio’ provoco’ la ritorsione di interrompere la fornitura di greggio dei Paesi dell’Opec (l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) ai Paesi occidentali che avevano in qualche modo appoggiato il Paese della stella di Davide.

Il governo italiano dovette percio’ correre ai ripari con un piano di “austerity” economica. Questo piano prevedeva, oltre alle famose domeniche senza macchine, riduzioni dei consumi nella illuminazione pubblica e commerciale, fine dei programmi televisivi anticipata ed altro che adesso francamente non ricordo.

E’ da allora che si comincio’ a fare strada l’idea che ci si dovesse cominciare ad affrancare dalla politica energetica di marcata stampa petrolifera per ricercare nuove fonti di energia.

E’ così che l’Italia dell’allora governo Rumor dette la stura ad una nuova era energetica. Quella, ahime’, del nucleare. Altri Paesi europei, come la Danimarca ad esempio che comincio’ ad incentivare la ricerca e l’uso di energia eolica, incominciarono a cercare alternative alla dipendenza dal petrolio arabo.

A tutt’oggi la politica energetica mondiale e’ improntata per gran parte su fonti altamente inquinanti quali i combustibili fossili ed il nucleare, vuoi per motivi politici e vuoi perche’ esiste ancora molto scetticismo dei governi riguardo alle fonti energetiche alternative anche se non e’ difficile immaginare quali e quanti interessi siano legati ad una scelta “tradizionalista” rispetto ad una “innovativa” in tema di energia e quanto questo potrebbe spostare o meno gli equilibri geo-politici mondiali.

Senza pero’ scomodare argomentazioni così “al di sopra” (purtroppo) delle nostre teste direi che, prendendo anche come spunto la profonda crisi economica che attanaglia non soltanto il nostro Paese ma un po’ tutto il mondo occidentale, sarebbe il caso che i governi dell’Unione Europea (e non solo), di comune accordo, rispolverassero dai cassetti certe misure adottate ai tempi della crisi energetica e, compatibilmente coi nostri tempi (certo molto diversi da quelli di circa quarant’anni fa’), cercare di limitare l’uso dell’automobile potenziando i trasporti pubblici.

Certo, basterebbe un po’ piu’ di buon senso da parte di tutti nel lasciare l’auto in garage, quando non c’e’ motivo serio di doverla usare e si potrebbero evitare restrizioni imposte dall’alto. Insomma puro buon senso, appunto. Il problema sorge quando dalle parole bisogna passare ai fatti e si sa’ che nessuno vuole rinunciare ai suoi piccoli-grandi “sfizi”, di sua spontanea volonta’.

E cosa dire dell’uso massiccio dei cosiddetti “gadget” tra le mura domestiche? Computer, videogiochi, tv, impianti sterofonici, “touch-pad”, cellulari (che pure bisogna ricaricarli con la corrente di rete), oltre ai classici elettrodomestici. Insomma un uso davvero massiccio di energia e spesso di spreco della stessa (come quando si lasciano molti dispositivi elettronici in “stand-by”, anziche’ spegnerli completamente, con quella lucetta rossa accesa che pure consuma elettricita’ e quindi energia. Certo non e’ facile accettare l’ipotesi di una imposizione dall’alto di un modello consumistico meno sfrenato e piu’ improntato al risparmio energetico.

Occorrerebbe una sorta di “ri-educazione” all’uso delle moderne tecnologie (dal trasporto all’intrattenimento, dal commercio alle comunicazioni, etc) partendo da due capisaldi imprescindibili, a mio parere, di ragionamento sulle fonti di energia tradizionali che sono a tutt’oggi le piu’ sfruttate sul pianeta: non sono eterne e (soprattutto) inquinano.

Giulio Ceraldi

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