Il Napoli gioca con la serenità crudele di chi sa di essere superiore
Højlund è il manifesto di questa superiorità. Milinković-Savić vive una serata quasi surreale: più centrocampista aggiunto che portiere.

Mg Cremona 28/12/2025 - campionato di calcio serie A / Cremonese-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Jamie Vardy-Giovanni Di Lorenzo
Il Napoli gioca con la serenità crudele di chi sa di essere superiore
Allo Zini la partita finisce quasi prima di cominciare, come certi viaggi in treno in cui guardi il finestrino e capisci subito che non ci saranno deviazioni. Cremonese-Napoli è uno 0-2 pulito, freddo, definitivo. Un risultato che non chiede interpretazioni e non concede appigli. Il Napoli è forte, ma soprattutto è cattivo nel modo giusto. Non concede niente, non regala speranze. Gioca con la serenità crudele di chi sa di essere superiore e non sente il bisogno di dimostrarlo a ogni pallone. Rasmus Højlund è il manifesto di questa sicurezza: terza doppietta, terza sentenza. Re Rasmus. Baschirotto prova a tenerlo, poi arranca, perde metri, perde fiato, perde certezze. Il danese gli passa accanto come se il campo fosse inclinato solo da una parte. La Cremonese combatte con onestà, ma è una lotta impari. Vanja Milinković-Savić vive una serata quasi surreale: più centrocampista aggiunto che portiere. Non perché il Napoli rischi, ma proprio per il contrario. Esce palla al piede, imposta, lancia preciso da cinquanta metri, come se il ruolo fosse un dettaglio secondario. Con le mani ha poco o nulla da raccontare, con i piedi molto di più. È il segno dei tempi, certo, ma anche di un dominio netto: quando il portiere si fa notare per la costruzione e non per le parate, vuol dire che davanti la squadra ha spento la partita prima ancora che potesse accendersi.
Il Napoli, invece, gira eccome. Non soffre mai. Non arretra mai davvero. Difende compatto, con una tranquillità che rasenta la sufficienza. È una squadra che ha imparato a stare dentro le partite senza consumarsi. In mezzo al campo McTominay fa il lavoro sporco con la grazia di un artigiano di lusso: ricama, chiude, riapre. Nei due centrocampi la differenza è lì, nella capacità di pensare prima degli altri. I gol arrivano senza teatralità, come atti dovuti. Di rabbia, di presenza, con furbizia. Entrambi di destro. Uno apre, l’altro chiude. Dopo le due partite di Supercoppa arriva un altro clean sheet, un altro due a zero che non fa rumore ma pesa. Continuità. Solidità. Metodo. È il dominio naturale di una squadra che ha smesso di cercare alibi e ha trasformato la necessità in virtù. Tutti applicati, tutti cattivi, tutti dentro la partita. Una cattiveria collettiva che non urla ma morde. E fa classifica.
E la classifica, come spesso accade da molti anni ormai, racconta una storia familiare: il Napoli è l’unica squadra che si immischia davvero nella lotta tra le solite nordiche, l’unica che rompe l’abitudine geografica del potere. Un corpo estraneo che è diventato sistema, un’eccezione che ormai è regola. Si chiude così un 2025 fantastico: due trofei in bacheca, vittorie che non sembrano casuali, e una consapevolezza che non ha bisogno di slogan. Il Napoli oggi è la società migliore d’Italia. E anche la squadra migliore. Non perché lo dica qualcuno, ma perché lo dimostra il campo, ogni settimana, con una semplicità disarmante. Il calcio, a volte, è spietatamente chiaro: chi sa quello che fa va avanti, gli altri inseguono. Il Napoli se ne va da Cremona con i punti, con l’ennesimo zero dietro, e con una certezza che pesa più di qualsiasi proclama: È una stagione giusta, in attesa di recuperare gli infortunati che, a furia di tenerli fuori, quasi ce ne stiamo dimenticando.











