Quando Maradona fu a un passo dal giocare in Colombia per il Michael Jackson del narcotraffico (L’Equipe)
Il quotidiano francese racconta la trattativa a tavola tre cibo, vino e sfarzo. Poi, scrive L'Equipe, "Diego finì a Napoli città sotto il controllo della camorra»

A fan of Lanus bearing a tattoo depicting the late football legend Diego Armando Maradona waits for the start of the Copa Sudamericana final football match between Argentina's Lanus and Brazil's Atletico Mineiro at the Defensores del Chaco stadium in Asuncion on November 22, 2025. (Photo by JUAN MABROMATA / AFP)
Quando Maradona fu a un passo dal giocare in Colombia per il Michael Jackson del narcotraffico (L’Equipe)
“L’incredibile storia del fallito trasferimento di Maradona all’América de Cali”, a cui L’Equipe dedica un altro lunghissimo articolo.
In Colombia, la storia di Maradona che stava per firmare con l’América de Cali è una leggenda rispolverata ogni volta che si presenta l’occasione, “un meccanismo – scrive L’Equipe – in funzione per tutte le vittime del miraggio, come la voce del trasferimento di Bernard Tapie all’Olympique di Marsiglia”. Ma è molto più colorata. E c’entrano i narcos, manco a dirlo. Anzi: “il Michael Jackson del narcotraffico”.
Nel 1979 Maradona aveva già offerte da mezzo mondo: Giappone, Giacarta, Australia, Israele, Cile, Messico. Fernando Rodríguez Mondragon, figlio di Gilberto e nipote di Miguel Rodríguez Orejuela, i due fratelli fondatori del temuto cartello di Cali, afferma che suo zio – soprannominato appunto “il Michael Jackson del narcotraffico” per la sua abilità nel riciclare denaro – invitò Maradona nella sua lussuosa villa a Ciudad Jardín, un sobborgo meridionale della città. E che gli fu fatta una “offerta astronomica” davanti a un paio di bicchieri di vino rosso.
Secondo il suo racconto, la scena si svolge nel febbraio del 1980, quando l’Argentinos Juniors torna in Colombia per due amichevoli dopo un viaggio attraverso Bolivia, Ecuador, Argentina e Uruguay. Maradona segna “l’altro gol del secolo”. Il 20 febbraio Maradona riceve un invito a pranzo mentre si trovava in ritiro all’Intercontinental Hotel di Cali. “Mio zio Miguel era un vero tifoso di calcio. Comprò l’América per passione. Era un hobby, un investimento e un giocattolo per lui. Non si perdeva mai una partita. Voleva incontrare Maradona perché lo ammirava. Maradona ottenne il permesso di lasciare la squadra accompagnato dal suo agente Jorge Cyterszpiler”.
Il “re della cocaina” gli fu presentato come un onesto mecenate. “Maradona non parlava molto, mangiava tanto ed era davvero sbalordito da ciò che vedeva”, ricorda Rodríguez Mondragon che era tra la dozzina di ospiti, la maggior parte dei quali familiari del signore della droga. La piscina olimpionica con la sua cascata, il campo da tennis, la pista da bowling, la discoteca, gli armadi “giganteschi”, il garage “pieno delle ultime Mercedes e Bmw”… La visita guidata lasciò Diego “con gli occhi pieni di stelle”.
Mangiarono coda di aragosta, “bife de chorizo”, “churrasco”, bevvero una buona bottiglia di vino… “Parlarono soprattutto di calcio e, a un certo punto, mio zio capì che l’Argentinos Juniors stava attraversando difficoltà finanziarie. Allora chiese a Maradona: che ne dici di tre milioni di dollari in contanti per venire a giocare per sei mesi in America? Fece la domanda con un sorriso, ma non stava scherzando: lo voleva in prestito per la Libertadores. Era uno stipendio colossale per un periodo molto breve. Maradona non disse di no. Arrossì, ringraziò e rispose che ne avrebbe dovuto discutere con i suoi agenti”.
“Il suo agente alla fine si tirò indietro”, spiega il nipote. “Un duro colpo per mio zio. Ma fu comprensivo. Sapeva che era difficile competere con il mercato europeo e non spinse oltre”. E fu così che Maradona andò prima al Boca Juniors nel 1981, poi al Barcellona e quindi al Napoli, “una città – scrive L’Equipe – sotto il controllo della camorra dove divenne un dio vivente, miracolo dopo miracolo, e prigioniero delle sue dipendenze”.
Ma la storia continua. Perché secondo Rodriguez Mondragon il legame tra il narcos e Diego non si era spezzato e i due “si chiamavano di tanto in tanto, finché la giustizia non denunciò le attività del cartello di Cali”. Il 21 ottobre 1983, il ministro della Giustizia colombiano Rodrigo Lara Bonilla, che sarebbe stato assassinato qualche mese dopo dai “sicarios” di Pablo Escobar, ruppe il codice del silenzio dichiarando che “sei dei quattordici club professionistici (colombiani) sono nelle mani di persone legate al traffico multimilionario di cocaina e marijuana”: Atlético Nacional, Millonarios, Santa Fe, Independiente Medellin, Deportivo Pereira e América de Cali.
Dopo una brutale guerra con la banda di Escobar, i fratelli Rodríguez Orejuela furono arrestati nel 1995 ed estradati negli Stati Uniti dieci anni dopo, abbandonando la sbalorditiva cifra di 1.214 proprietà nella sola Cali. Nel 2007, Rodríguez Mondragon pubblicò un libro intitolato “El Hijo del Ajedrecista” ( Il figlio dello scacchista , soprannome del padre, noto come stratega della malavita), in cui rivelava i metodi usati dallo zio per trasformare l’America in un gigante del calcio. Acquistare i migliori talenti sudamericani con denaro sporco non fu sufficiente per avere Maradona.










