Il mistero delle calciatrici della Corea del Nord: dominano il mondo a livello juniores, poi tornano nell’anonimato
L'analisi di sporza.be. Hanno vinto di nuovo il Mondiale Under 17. Le giocatrici hanno la possibilità di sottrarre la famiglia alla povertà. Ma il calcio capitalistico è a loro precluso

(FILES) North Korea's players celebrate with the trophy after winning the FIFA U-17 womens football World Cup 2024 final match between North Korea and Spain at the Olimpico Felix Sanchez Stadium in Santo Domingo on November 3, 2024. North Korea is basking in its dominance of women's youth football after a third World Cup win in just over a year, sporting success that is being used to justify the secretive state's political system. A 3-0 win against the Netherlands in Morocco on November 8, 2025 saw the North Koreans lift a second successive Women's U-17 World Cup, and fourth in all, following their victory 12 months ago. (Photo by Nelson Pulido / AFP)
La Corea del Nord è forse il più grande mistero del calcio mondiale. Con il quarto titolo mondiale conquistato ai Mondiali Under 17 femminili questo fine settimana, ha confermato ancora una volta il suo prestigio a livello giovanile. Ma questo successo ha anche un risvolto negativo. Nessuna giocatrice raggiunerà mai il successo. L’analisi di Sporza.be giornale on line belga.
Corea del nord abituata a vincere titoli giovanili
Questo fine settimana, il Paese, altrimenti ermeticamente chiuso, è riuscito ancora una volta a rubare la scena ai Campionati Mondiali Under 17 femminili. Le giovani nordcoreane hanno vinto la finale contro l’Olanda con un netto 3-0. Questa è stata la loro seconda vittoria consecutiva, la quarta dall’inizio del torneo nel 2008. E il modo in cui hanno dominato il torneo è stato a dir poco impressionante. Le campionesse del mondo hanno segnato 25 gol e ne hanno subiti solo tre.
Ma da dove viene questo predominio?
Ai massimi livelli, la Corea del Nord non ha quasi più un ruolo nel calcio mondiale eppure nel calcio giovanile, soprattutto femminile, sono il punto di riferimento. L’anno scorso è diventata campione del mondo Under 20.
Metodi militari nell’allenamento della Corea del nord
Dietro questo successo si cela un sistema rigido.
In Corea del Nord, chiunque dimostri doti fisiche eccezionali viene selezionato fin da giovane. Ragazzi e ragazze vengono sottoposti a test scolastici fin da piccoli per valutare velocità, resistenza e capacità motorie. Gli atleti migliori finiscono in accademie sportive speciali a Pyongyang dove si allenano sotto la supervisione dello Stato. Essere invitati a questi programmi è tanto un onore quanto un obbligo. Coloro che vengono selezionati, sono tenuti a trasferirsi e a partecipare. Secondo Radio Free Asia, cui è stato concesso un accesso eccezionale a una di queste accademie, le ragazze combinano scuola, disciplina militare e fino a sei ore di addestramento al giorno.
Gli allenatori parlano di “programmi scientificamente provati”, mentre osservatori indipendenti mettono in guardia dall’estremo controllo e dalla mancanza di libertà di scelta per i bambini. Le giocatrici non appartengono ad alcun club ma alla federazione calcistica stessa. Crescono in collettivi, spesso isolati dalle loro famiglie, e giocano decine di partite di allenamento all’anno contro le squadre giovanili maschili dell’esercito.
Essere campione significa migliorare la vita propria e della famiglia
La loro motivazione va oltre l’aspetto puramente sportivo. Per la maggior parte delle famiglie, la figlia talentuosa rappresenta l’unica possibilità di una vita migliore: un appartamento a Pyongyang, sicurezza alimentare e accesso all’assistenza sanitaria. Chi diventa campionessa, ha il diritto di trasferire la famiglia nella capitale: un privilegio che in Corea del Nord equivale a un’ascesa sociale.
Ma cosa accadrà in seguito a queste campionesse, resta un grande mistero.
Mentre le loro coetanee spagnole, americane o giapponesi, spesso raggiungono i migliori club europei, le giocatrici nordcoreane scompaiono quasi completamente dai radar una volta usciti dalle giovanili. I trasferimenti all’estero sono praticamente impossibili per i talenti nordcoreani. I giocatori e le giocatrici sono di proprietà statale, quindi i loro stipendi non possono essere legalmente pagati direttamente a loro ma confluiscono direttamente nella federazione calcistica.
Nel 2024, un club americano voleva ingaggiare la diciassettenne Choe Il-son, MVP della Coppa del Mondo Under 20. L’accordo fallì quando divenne chiaro che l’intero stipendio sarebbe stato trasferito alla federazione di Pyongyang. Successivamente, tutte le squadre occidentali si ritirarono e Choe sparì nell’anonimato del circuito nazionale.
I media statali descrivono le giocatrici come “figlie della nazione” e “fedeli discepole del Leader”. Più che un trionfo del loro talento, le vittorie ai Mondiali sono una trovata pubblicitaria per il regime.
In una rara intervista con un’ex giocatrice fuggita dal suo Paese, pubblicata da Radio Free Asia, lei dichiarò che “ogni sorriso in televisione era obbligatorio e che, dopo le sconfitte, aveva paura di tornare a Pyongyang”.
Nel 2011, scoppiò anche uno scandalo doping: cinque giocatrici risultarono positive agli steroidi anabolizzanti. La Fifa sospese la nazionale per quattro anni.









