Antonio Panini: «Papà faceva il garzone alla Ferrari, quando fu licenziato iniziò la sua fortuna»

Alla Gazzetta: «Non avevo il gusto dell’acquisto delle figurine, spesso scendevo in fabbrica e trovavo quelle che volevo. Mio padre diede a Velasco l’opportunità di mostrare il suo talento».

panini

Mg Milano 14/01/2023 - campionato di calcio serie A / Inter-Hellas Verona / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: album figurine Panini

Antonio Panini, figlio del dirigente modenese Giuseppe famoso per le figurine calcistiche, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Lunedì prossimo l’omaggio al palasport “PalaPanini” dove gioca la squadra di pallavolo fondata negli anni ’60.

L’intervista ad Antonio Panini

Una serata fortemente voluta dai figli. Antonio, che ricordo ha di suo papà?

«Era una persona molto dinamica, aveva mille idee, mille iniziative. Il progetto delle figurine è il più popolare e lui lo ha condiviso con la sua famiglia, perché l’azienda nasce dalla collaborazione di quattro fratelli e quattro sorelle.»

Le prime esperienze lavorative non sono state incoraggianti…

«Era un giovane garzone alla Ferrari. Un giorno, quando era di turno al forno, decise di sedersi su un secchio. Passò Enzo Ferrari che lo vide così, durante l’orario di lavoro. Al termine del turno arrivò il capo reparto che gli disse: “Panini, non venire domani: sei licenziato”. Anni dopo papà incontrò Ferrari e gli disse: “Quell’episodio mi ha cambiato la vita”.»

Nell’immaginario di generazioni di bambini cresciuti con le figurine, lei è stato molto invidiato: le collezionava? Giocava con gli amici?

«Sì, ma non potevo vivere le emozioni degli altri bambini. Non avevo il gusto dell’acquisto, quello di aprire le bustine per scoprire chi avrei trovato. È un po’ come chiedere al figlio di Ferrero se gli piace la cioccolata. Quando è stata aperta la sede di via Emilio Po, a Modena, la nostra casa era al piano di sopra, quindi spesso scendevo in fabbrica dove potevo trovare tutte le figurine che volevo. Spesso le avevo in tasca e le regalavo agli amici».

Perché suo papà si avvicina alla pallavolo?

«Tutto nasce da una visita del professor Anderlini, una figura chiave per il volley a Modena. A metà Anni Sessanta chiede a papà dei quattrini per finanziare un campionato locale. In città c’erano delle squadre di tradizione, ma il professore voleva fare una squadra sua. Giuseppe si convinse e contribuì subito con 400.000 lire. I ragazzi non prendevano soldi, quei soldi servivano per pagare le trasferte, il pullman, le magliette, l’iscrizione al campionato. Nel 1966 viene fondato il gruppo sportivo che, dalla serie C di allora, sarebbe arrivato fino alla serie A. Nel 1970 è stato conquistato il primo scudetto e ancora oggi gioca in Superlega».

Negli Anni Ottanta alla Panini Modena arriva Julio Velasco come allenatore. Che rapporto c’era tra Giuseppe Panini e il tecnico?

«Hanno avuto un rapporto umano, personale, stretto. Papà però non ha lanciato Julio. Ha solo avuto il pregio di avergli dato l’opportunità di mettere in mostra il suo talento».

Dei calciatori immortalati negli album delle figurine, con chi Giuseppe ha avuto un rapporto d’amicizia?

«Con Gianni Rivera. A metà Anni Sessanta, con papà e mamma, eravamo soliti andare al mare, a Forte dei Marmi, nella stessa pensione dove erano in villeggiatura anche i genitori di Rivera. E lui, nonostante fosse un campione affermato, ogni anno passava almeno una settimana con i suoi al mare. Così ci siamo conosciuti e negli anni successivi siamo sempre rimasti in contatto.»

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