Richiesta danni ai clienti del pezzotto: l’industria del porno c’è arrivata prima di Dazn. E fa miliardi (Guardian)
Il caso di Strike 3 la società che perseguita chi si è scaricato i film. Ora ha fatto causa persino a Meta. E' il metodo Dazn su scala industriale

Tom Brown ha 73 anni, prima di andare in pensione faceva il poliziotto a Seattle. Un giorno ha ricevuto una lettera, pensava fosse una bolletta. Invece era una citazione in giudizio: accusato di aver scaricato 80 film porno – titoli tra il banale (“Relazioni internazionali, parte 2”) e l’esplicito (“Amava il mio culo grosso”). Strike 3 Holdings, società del Delaware specializzata in pornografia patinata, gli chiedeva fino a 150mila dollari per ogni titolo. 12 milioni di dollari per un uomo che sosteneva di non aver mai visto un solo fotogramma di questi film. Quella lettera è solo un esempio di un’industria semi-sconosciuta: il “porno-trolling”, che il Guardian definisce “la nuova frontiera del copyright trasformato in business”. Se state pensando a Dazn che chiede i danni ai clienti del pezzotto, sì: più o meno è la stessa logica, ma su scala – appunto – industriale. Il porno ci era arrivato semplicemente molto prima della Lega Calcio, solo che non hanno fatto campagne tipo “la pirateria uccide il porno”.
Strike 3 – racconta il Guardian – nata nel 2015 e proprietaria del catalogo Vixen Media, ha costruito una fortuna non solo sugli abbonamenti ai suoi siti (Blacked, Tushy, Milf-y, ecc.), ma su migliaia di cause intentate contro utenti anonimi. Dal 2017, oltre 20mila denunce federali. Un giudice ha definito la strategia “un ricatto ad alta tecnologia”.
La procedura è semplice quanto efficace: il software interno “VXN Scan” individua un indirizzo IP che avrebbe scaricato i contenuti. La società cita in giudizio un “John Doe” (che nello slang americano è l’equivalente di Mario Rossi) e obbliga il provider internet a rivelare l’identità dell’abbonato. A quel punto, la maggior parte paga per non comparire in tribunale e, fare una figuraccia pubblica.
Ovviamente non tutti cedono. L’ex agente Brown ha scelto di reagire. Ha controquerelato l’azienda e, nel 2020, ha vinto: nessuna violazione, 47mila dollari di risarcimento. Un trionfo raro contro Strike 3, che nel frattempo ha continuato a sfornare denunce. Il cuore del problema è il software: una scatola nera di cui nessuno conosce il funzionamento. Secondo gli esperti, gli indirizzi IP non bastano per provare una violazione: possono appartenere a più persone, a una famiglia, o persino a un vicino di casa. In passato, è successo che società del settore denunciassero anziane vedove o utenti deceduti. Se anche in questo caso state pensando al pezzotto del pallone, sì, avete ragione.
Ma la cosa bella è che ora Strike 3 ha alzato il tipo: ha citato Meta per 350 milioni di dollari, accusandola di aver scaricato illegalmente oltre duemila film per addestrare i suoi algoritmi di intelligenza artificiale. Meta nega tutto, ma se il caso andrà avanti potrebbe finalmente aprire la “scatola nera” del sistema di tracciamento di Strike 3. Vi ricordate di quando De Siervo minacciava di far causa a Google? Ecco.











