L’anno di Ruben Amorim al Manchester United: ha fatto tornare la speranza (Guardian)
Ratcliffe (il co-proprietario del club) ha paragonato il suo percorso a quello di Mikel Arteta all’Arsenal. La vittoria in casa del Liverpool potrebbe essere stata la svolta

Manchester United's Portuguese head coach Ruben Amorim (R) watches as Manchester United's Dutch striker #11 Joshua Zirkzee (L) leaves the pitch after being substituted off for Manchester United's English midfielder #37 Kobbie Mainoo during the English Premier League football match between Manchester United and Newcastle United at Old Trafford in Manchester, north west England, on December 30, 2024. (Photo by Darren Staples / AFP)
Un anno dopo il suo arrivo, Ruben Amorim ha riportato un barlume di speranza al Manchester United dopo mesi di caos e scetticismo. Scelto da Ratcliffe come simbolo di una nuova era, il tecnico portoghese ha vissuto momenti duri — da Grimsby al Natale disastroso — ma ora raccoglie i primi frutti con tre vittorie di fila e un trionfo ad Anfield. La società resta convinta del suo progetto a lungo termine, evitando il solito “lavare e ripetere” degli ultimi dieci anni. Ratcliffe lo paragona ad Arteta nei primi tempi all’Arsenal e gli concede tempo. Amorim, oggi, incarna la pazienza e la visione che lo United aveva dimenticato. Ne scrive il Guardian
L’arrivo di Amorim a Manchester
«L’entusiasmo per una nuova era al Manchester United era quasi palpabile», scrive Rob Draper. Il co-proprietario Sir Jim Ratcliffe, il Ceo Omar Berrada e il direttore tecnico Jason Wilcox erano pieni di ottimismo. «Quale proprietario non si sente energizzato quando sceglie un nuovo allenatore, soprattutto il primo?» Per Ratcliffe era l’occasione di imprimere finalmente la propria impronta su un club che per anni aveva vagato senza direzione sotto la gestione dei Glazer. L’allenatore prescelto arrivava da Lisbona, giovane e brillante: aveva appena riconquistato il titolo con lo Sporting e si era costruito una reputazione di tecnico moderno, capace di unire competenza tattica e intelligenza emotiva. «Ruben Amorim, nominato un anno fa proprio in questo fine settimana, era uno degli allenatori più desiderati sul mercato: anche Tottenham e Liverpool avevano pensato a lui.»
Lo United ebbe la sensazione di aver colto un colpo d’anticipo, anche se, già allora, gli scettici non mancavano. «Lo Sporting con lui ha vissuto un bel periodo, ma Benfica e Porto avevano problemi, il campionato portoghese non è così competitivo e quel titolo è stato un po’ sopravvalutato», osservava un dirigente di Premier League. «Amorim se n’è andato e lo Sporting ha vinto di nuovo. Forse erano i giocatori?»
Rubem Amorim oggi
Prosegue il Guardian: Dodici mesi dopo, l’euforia iniziale si è attenuata. Ratcliffe, Berrada e Wilcox, in tribuna a Old Trafford, «sono spesso sembrati tre comparse malinconiche, a osservare dall’alto l’ennesimo disastro». Eppure, dopo tre vittorie consecutive — tra cui una storica ad Anfield, la prima in quasi dieci anni —, la loro fiducia in Amorim sembra improvvisamente lungimirante. «I momenti più difficili – Grimsby, la finale di Europa League, le due sconfitte col Brentford, il Natale con quattro ko di fila – erano tappe di un viaggio più lungo», ripetono a Carrington.
«Non possiamo reagire ogni volta che perdiamo, né esaltarci come se avessimo vinto una coppa quando vinciamo una partita», è la nuova linea del club. La convinzione è che Amorim sia l’uomo giusto per raddrizzare la rotta di una nave enorme come lo United, evitando l’ennesimo ciclo di entusiasmo e disillusione. Ecco perché, assicurano da Manchester, «non c’è mai stata la prospettiva di esonerarlo, nemmeno dopo il 3-1 con il Brentford». Ratcliffe, anzi, ha paragonato il suo percorso a quello di Mikel Arteta all’Arsenal e gli avrebbe promesso «tre anni di tempo per trasformare la squadra».
La vittoria di Anfield come momento di svolta
La speranza, adesso, è che «la vittoria ad Anfield possa essere il suo momento Mark Robins» – il famoso gol del 1990 che, secondo la leggenda, salvò il posto a Sir Alex Ferguson. Allora, il presidente Martin Edwards spiegò che il posto di Ferguson non era davvero a rischio, «anche perché Sir Bobby Charlton vedeva in lui un uomo che stava cambiando il club». Berrada e Wilcox, pur non avendo lo spessore di Charlton, sono gli occhi e le orecchie di Ratcliffe nel calcio. E soprattutto sono convinti sostenitori di Amorim.
C’è però chi, all’interno del club, non era altrettanto entusiasta al momento della nomina. «Dan Ashworth, ora dirigente della FA, era direttore sportivo dello United quando Amorim arrivò. Si dimise l’8 dicembre». Il club sostiene che i due eventi siano scollegati. «Tutti erano d’accordo sulla scelta di Ruben, anche Dan», dicono fonti interne.
Ma è proprio il fallimento di Erik ten Hag e la ricerca di un successore ad aver aperto la frattura. Ratcliffe, raccontano, voleva «un piano audace», mentre Ashworth preferiva la prudenza e una ricostruzione graduale, proponendo nomi come Eddie Howe o Graham Potter. «Si è parlato anche di Thomas Frank», aggiungono altre fonti, «ma mai seriamente di Gareth Southgate», nonostante i suoi legami con Ashworth e Sir Dave Brailsford, direttore sportivo di Ineos.
Oggi, dopo dodici mesi di alti e bassi, Ruben Amorim ha restituito allo United un barlume di identità e una speranza concreta di futuro. Non è ancora una rinascita, ma…











