Spalletti: «Napoli, per me rimarrà tutto intatto. Mi faccio tirare il sangue a destra per non toccarlo (il tatuaggio)»
In conferenza: «La promessa di non allenare altre squadra dopo il Napoli riguardava la stagione successiva allo scudetto. Che facevo? Non allenavo più?»

Db Reggio Emilia 09/06/2025 - qualificazioni Mondiali 2026 / Italia-Moldova / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti
Il nuovo tecnico della Juventus è pronto per la sua prima conferenza in bianconero. Ecco le sue parole.
Le parole di Spalletti
Le primissime sensazioni.
«Ho delle sensazioni bellissime, conosciamo la storia di questo club. C’è una grande aspettativa e entrarci dentro è una bellissima emozione»
Sabatini pochi giorni fa ha detto che la Juventus per lei è come la morfina. Prevale di più la voglia di anestetizzare il dolore per la nazionale o l’ambizione di portare la Juventus ad alto livello?
«Penso sia semplice: prevale sicuramente il desiderio di portare questo club a livelli importanti, come ha detto lei. Ho però grande rispetto per la classifica attuale e per il lavoro svolto da Tudor, che saluto con affetto, perché ho avuto modo di conoscerlo e so che è una persona splendida e un professionista vero. Sono quindi certo di trovare una squadra in buona condizione mentale. Naturalmente dovremo lavorare intensamente per puntare alle ambizioni di cui parlavamo. Sono felice di essere qui e ringrazio Comolli per le belle parole che ha avuto nei miei confronti».
Che ne pensa del valore dell’organico?
«Se non avessi creduto che questa squadra abbia delle potenzialità, perché avrei dovuto accettare un contratto di 8 mesi? Posso fare un bel lavoro con loro. Ci vedo delle possibilità di mettere a posto alcune cose. Poi entrano in gioco la disponibilità, la volontà e l’autodisciplina necessari per ottenere risultati importanti. Vedo possibilità concrete di sistemare alcune situazioni. Le ambizioni sono alte: dobbiamo provare a rientrare in Champions League e rimettere le cose in pari, perché le altre squadre corrono forte».
Quale sarà il suo staff?
«Ho portato con me quattro collaboratori, perché ormai nel mondo del calcio si conosce tutto e la Juventus dispone già di molte risorse. Ora dobbiamo solo creare un po’ di intesa. Con me ci saranno Domenichini, Martusciello, Russo e Sinatti. Vorrei spendere due parole per Daniele Baldini, che ha deciso di interrompere il suo rapporto di lavoro: ne sono rimasto un po’ sorpreso. È una persona sveglia e competente, mi dispiace, ma devo rispettare la sua scelta».
Storicamente ha fatto giocare molto bene le sue squadre e ha fatto crescere singolarmente i suoi giocatori. Quanto la stimola arrivare alla Juventus che ha avuto difficoltà a segnare?
«È chiaro che fa parte del mio lavoro ed è una sfida stimolante, a volte riconosciuta come capacità di un allenatore. I gol sono fondamentali, perché per vincere le partite bisogna segnare. Il calcio offensivo è un’altra qualità importante, ma l’aspetto essenziale rimane il gruppo: una squadra che capisca cosa fare in campo nelle varie situazioni. Se ci sono differenze di approccio tra i giocatori, diventa più complicato ottenere risultati».
Vlahovic diceva che anche i giocatori devono guardarsi allo specchio perché non può essere sempre colpa di una persona. Ieri lei ha detto a Perin: “dipenderà da voi“. Era una speranza o un avvertimento?
«L’analisi di Dusan mi sembra corretta: i calciatori devono rendersi conto di cosa stanno restituendo a una società che crede in loro. Per quanto riguarda la battuta con Perin, era solo un gioco di parole. Io so bene che l’allenatore dipende molto dai calciatori: puoi essere bravo quanto vuoi, ma alla fine è la loro qualità a fare la differenza. Era un modo per coinvolgerli. È giusto che l’allenatore valuti la situazione di volta in volta: si comincia lavorando insieme e poi si tirano le somme. Non c’è alcuna difficoltà ad accettare questo contratto; se fossi stato nei panni della Juventus, avrei fatto lo stesso».
Sullo scudetto
«Si, spero di rientrare nel giro Scudetto. Anzi, è ciò che si commentava ieri nello spogliatoio. Le intenzioni devono essere al massimo, mancano tante partite. Ne ho viste di tutti i colori in 30 anni di professione e non vedo perché debba accontentarmi. Tenterò di metterci ancora più mano»
Vlahovic?
«È semplice, ci si parla direttamente. Non ho ricevuto alcuna imposizione dalla società, quindi vado a osservare quello che fa e quale sia la sua risposta, le sue intenzioni. Dall’ultima partita le sue intenzioni risultano molto chiare. Con quel comportamento ha sistemato tutto, perché ha disputato una partita splendida».
Tatticamente come ripartirà? Userà una difesa a 3 inizialmente?
«Oggi è il mio primo allenamento e, visto il rispetto per il lavoro svolto in precedenza, potrebbe esserci continuità con quanto trovato. Non sarebbe corretto però svelare tutte le informazioni agli avversari. Ci sono le basi per proseguire su ciò che è stato fatto fino ad ora. È chiaro che alcuni giocatori preferirebbero posizioni leggermente diverse: in entrambi i casi serve un po’ di disponibilità da parte loro. Questo significa che, a seconda delle scelte, si potrà optare per una difesa a 4 anziché a 3».
Che tipo di partita si aspetta domani contro la Cremonese, considerando il poco tempo a disposizione per prepararla?
«Ho visto molte gare di questo campionato e poche volte ho notato squadre con una supremazia assoluta; anche Napoli e Inter, che ritengo tra le più attrezzate, hanno avuto difficoltà. Noi non possiamo permetterci alcuna presunzione, quindi massimo rispetto per tutti. Non amo gli slogan, perché rischiano di sostituire i fatti. Bisogna lasciare che sia il rumore del pallone sull’erba a parlare: se i tifosi percepiscono quel suono sugli spalti, quello è il modo giusto di comunicare, tutto viene lasciato al campo».
Quale atteggiamento mentale ritiene fondamentale per la Juventus in questo momento?
«L’autodisciplina fa sempre la differenza. Da bambino facevo l’autostop e ho avuto l’opportunità di entrare in quasi tutti gli spogliatoi di tutte le categorie, sempre con naturalezza e rispetto per tutte le persone che incontravo, dal corridoio al campo. Sapevo anche se il magazziniere della squadra avversaria aveva un cane o un gatto, perché volevo conoscere ogni dettaglio, magari per sorprenderlo nel salutarlo. È importante prestare attenzione, mostrare disponibilità e costruire amicizia nello spogliatoio, perché attraverso l’affetto e il legame umano una squadra può alzare il proprio livello».
Sulle critiche di Napoli
«Io ho lasciato in tutte le città dove ho allenato qualcosa e mi ricordo bellissime cose. A Napoli è venuta fuori una cosa superiore per la bellezza del calcio che abbiamo fatto e per quello che abbiamo portato a casa, uno scudetto bellissimo e importante. Ho instaurato un rapporto con quella gente particolare per cui rimarrà così, rimarrà tutto intatto da parte mia. Stamattina dovevo fare le analisi e mi sono fatto tirare il sangue dall’altro braccio perché di qua volevo che non fosse toccato niente. Per me non cambierà niente, io avrò sempre tantissimi amici a Napoli, dai quali ho ricevuto anche dei messaggi perché poi tornerò a Napoli che è una città che mi rimarrà sempre nel cuore aldilà di quelle che saranno le scelte professionali. Questo fatto di estrapolare quello che io ho detto su Napoli e della fine del rapporto, che non mi sarei messo nessuna tuta di nessun altra squadra, riguardava quella stagione lì; io vado a dire al presidente che poi se mi lascia libero è meglio ma non per andare in nessun altra squadra. in quella stagione non avrei messo nessun altra tuta di nessun altra squadra come poi è stato. Poi ho avuto anche delle possibilità, tutti le hanno se vincono il campionato con il Napoli. Poi non posso mica smettere di fare l’allenatore perché sono stato un anno al Napoli. Ho avuto rispetto di quell’opzione e di Napoli città perché non portavo avanti il discorso fatto. Dopo quella stagione io dovrò fare altre esperienze e conoscenze. Per cui chi prende questa cosa per attaccare, è bene che si sappia che decontestualizza le cose dalla realtà e si capisce quali sono le intenzioni di chi lo fa».
Essendo considerato un allenatore che predilige il calcio estetico, teme difficoltà legate al DNA della Juventus?
«No, perché in campo l’obiettivo principale resta vincere la partita: a volte può succedere grazie a un rimpallo o una deviazione, ma l’importante è ottenere il risultato. Detto questo, il calcio è anche spettacolo, quindi cerchiamo di proporre un buon prodotto, di qualità per chi lo guarda. Ciò che stanca la mente e annoia sono sempre le stesse cose».
Che impressione ha di Koopmeiners?
«Conosco bene Koop, lo abbiamo seguito nelle squadre precedenti, anche se costava molto. Mi piaceva molto e una volta ci siamo sentiti anche al telefono. Per me resta quell’idea che avevo già avuto: secondo me è un mediano/mezzala, anche se ha giocato anche come difensore. Voglio fare i complimenti a Gasperini, che è riuscito a tirare fuori il meglio da lui. Koop ha un piede che gli permette di piazzare il pallone dove vuole; può incontrare difficoltà spalle alla porta e in mezzo al traffico non è semplice, ma Gasperini lo ha valorizzato al massimo».
Su quali aspetti dovrà incidere nella squadra?
«Non so esattamente dove dovrò intervenire. So però quale sarà il mio comportamento e, attraverso questo, i calciatori potranno entrare in una mentalità in cui potrò dare il mio contributo. Ho avuto la fortuna di vincere e so che la differenza la faranno sempre i giocatori, ma creare complicità, avere un metodo e un approccio chiaro può portare risultati. Il percorso che ci aspetta potrà cambiare molte cose e, in campo, bisogna comprendere i movimenti perché il calcio è in continua evoluzione. Dobbiamo capire i momenti di gioco e questo farà la differenza. La combinazione delle qualità dei calciatori, unite alla nostra disponibilità, può trasformare tutti in giocatori pronti per la Juventus».











