Goggia: «Gareggerò ancora fino al 2027, poi si vedrà. Vivo per il potenziale ancora inespresso»

Al CorSera: «Nulla sarà paragonabile all’adrenalina con cui apro un cancelletto di partenza. Per il valore umano, l'argento a Pechino del 2022 vale più dell'oro di quattro anni prima».

BEAVER CREEK, COLORADO - DECEMBER 11: Sofia Goggia of Italy prepares to compete in the STIFEL Birds of Prey FIS World Cup - Beaver Creek Women's Downhill Training at Beaver Creek Resort on December 11, 2024 in Beaver Creek, Colorado. Sean M. Haffey/Getty Images/AFP Sean M. Haffey / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP

La sciatrice Sofia Goggia si sta preparando alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. L’intervista al Corriere della Sera.

L’intervista a Goggia

La storica italo-austriaca Roberta Rio ha messo a punto «l’effetto topofilia», metodo scientifico con cui risvegliamo il legame con i luoghi del cuore. Per i latini era il «genius loci». Quello di Sofia Goggia sta a Cortina?

«Probabilmente sì, ma in realtà lo colloco tra Cortina, posto di grandi gioie, e la mia Bergamo».

Però Cortina le ha anche riservato momenti duri, come l’incidente che ha messo a rischio la presenza ai Giochi 2022…

«Non penso minimamente a quella caduta. Prima e dopo Pechino ci sono state tante gare, alcune con infortuni. Ma ogni seguito è sempre stato, come mi piace sottolineare, all’insegna dell’amore».

Trentatré anni il 15 novembre, una carriera importante anche se con tante sfortune. Che cosa la spinge ancora?

«Vivo per le esperienze non fatte, per quel potenziale non espresso, per gli obiettivi che voglio raggiungere. Vivo infine per le emozioni che lo sci mi dà: nella vita ce ne saranno altre, ma nulla sarà paragonabile all’adrenalina con cui apro un cancelletto di partenza e alla gioia e al senso di condivisione con lo staff che provo se una gara va bene».

Quindi mette in conto il rimpianto, una volta ritirata?

«Non ci saranno nostalgie se avrò la consapevolezza di aver dato tutto».

Perché si guarda al suo oro olimpico del 2018 più che a quell’argento del 2022, frutto di un mezzo miracolo?

«Perché il valore di una medaglia è insito nel suo colore. Però il percorso che mi ha portato all’argento di Pechino è stato speciale. Sono stata poi la prima italiana a vincere l’oro olimpico in discesa. A Pechino mi sono rimasti 16 centesimi sullo stomaco, ma di più non potevo fare: ho corso su… una gamba e mezzo, non ero sicura di arrivare al traguardo. Per il valore umano intrinseco, il secondo posto in Cina vale forse di più».

Ha scelto di trasferirsi a La Parva, in Cile, dove si allenavano i maschi ed è arrivata a ridosso della tragedia di Matteo Franzoso, un’esperienza che l’ha toccata nel profondo:

«Non è stato semplice vivere certi momenti, ma è un argomento di cui noi tutti non possiamo parlare tanto, nel rispetto della volontà della famiglia di Matteo».

Non si sa se Federica Brignone recupererà almeno per i Giochi. E si è fatta male pure Marta Bassino. Inevitabilmente i riflettori saranno su Sofia Goggia…

«Immagino che lo scenario possa essere questo. Ma assieme alla mia squadra ho cercato di creare uno scudo protettivo fin dall’infortunio di Federica».

Come immagina la sua stagione e l’avvicinamento olimpico?

«Uso tre aggettivi riferiti a me stessa: costante, lucida, concentrata».

Se la sente di dare un colpo d’occhio alla sciatrice Sofia Goggia dopo il 2026?

«Nel 2027 sarà ancora in gara. Poi si vedrà. Aggiungo: nel 2027 anche come dottoressa».

E se ai Giochi 2026 non andasse come tutti si aspettano?

«Nessuno potrà scalfire il mio passato e quello che ho vinto. E la mia immagine di Cortina rimarrà sempre l’alba che illumina le Tofane quando sono sulla seggiovia».

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