Stadi, è passata la linea De Laurentiis: un supercommissario in deroga a tutto tranne il codice penale e l’antimafia
Approfondimento del Fatto quotidiano sulla figura del supercommissario che tutto potrà (niente limiti urbanistici, ambientali, eccetera) ma che ancora non c'è

Db Milano 12/11/2023 - campionato di calcio serie A / Inter-Frosinone / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: stadio San Siro
Stadi, è passata la linea De Laurentiis: un supercommissario in deroga a tutto tranne il codice penale e l’antimafia
La figura del supercommissario agli stadi esiste, è realtà (già da luglio) ma al momento manca la nomina. La maggioranza non trova l’accordo sul nome. Anche perché guadagnerà poco per quel ruolo, ossia 132mila euro. Un supercommissario che potrà bypassare le leggi urbanistiche e ambientali come più volte auspicato dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis.
Ne scrivono sul Fatto quotidiano Leonardo Bison e Lorenzo Vendemiale.
Una figura mitologica aleggia sul mondo del calcio e della politica: è il nuovo commissario per gli stadi. Può fare tutto: progetti approvati in soli 30 giorni, pareri ambientali e urbanistici ignorati, ordinanze che hanno valore di legge. Un dio della burocrazia. Ma pure un fantasma: tutti ne parlano senza averlo mai visto, formalmente esiste da oltre un mese ma nessuno sa chi sia.
Il Fatto scrive che ogni progetto (ne stanno spuntando come funghi, scrivono) dovrebbero finire nelle mani di questo commissario (che al momento non c’è).
Come istituzione è prevista ormai da luglio: la norma è stata inserita nel decreto Sport, poi convertito a inizio agosto. Grazie alla norma, d’ora in poi gli stadi di calcio non saranno più dei semplici impianti sportivi come eravamo abituati a pensare: diventano infrastrutture di “interesse strategico nazionale”.
Ma in cosa consistono questi poteri? Tutto, praticamente: per la realizzazione dello stadio, il commissario (o il sub-commissario nominato di volta in volta, che sia il sindaco del Comune interessato o altri), potrà procedere in deroga a qualsiasi legge (urbanistica, ambientale ecc), con il solo limite del codice penale e delle norme antimafia (e ci mancherebbe altro). Già oggi in realtà le Soprintendenze potevano far poco: dal 2021 si è deciso di trasformare gli stadi in beni culturali di serie B, depenalizzandone la distruzione. Chi deve ristrutturarli o ricostruirli può procedere in deroga al codice dei beni culturali, alle eventuali dichiarazioni di interesse culturale o pubblico già adottate, “nel rispetto dei soli specifici elementi strutturali, architettonici o visuali di cui sia strettamente necessaria a fini testimoniali la conservazione o la riproduzione in forme e dimensioni diverse da quella originaria”. I moncherini possono essere pure conservati lontani dallo stadio.
Stadi, le amministrazioni comunali potranno fare ben poco
D’ora poi, col commissario mani libere: tutte le amministrazioni competenti avranno soltanto 30 giorni per pronunciarsi (finora erano 45), altrimenti vale il silenzio-assenso.
Sono poteri così ampi che i sindaci o i presidenti di Regione, che fin qui si sono trovati a gestire i pochi progetti di “interesse strategico nazionale” avviati, sono costretti a organizzare riunioni preliminari informali, cercando di capire per tempo quale possa essere l’impatto del progetto su tutti i livelli, viste poi le scadenze impossibili da rispettare.
Intanto il commissario con licenza d’abbattere non arriva. Ormai dall’approvazione della norma sono passati due mesi (dal primo annuncio del ministro dello Sport, Andrea Abodi, non ne parliamo nemmeno). Dove sia se lo chiedono lungo i corridoi della politica e del pallone. Il ministro professa tranquillità, a diverse persone assicura di averlo individuato. Altri, malignamente, dicono che il nome semplicemente non c’è. Con uno stipendio da 132 mila lordi l’anno, è difficile trovare un tecnico di alto livello, come promesso dal ministro, che si prenda una responsabilità del genere, e d’altro canto il prescelto deve avere la benedizione del partito (e sappiamo quanto sia militare la logica di Fratelli d’italia, che ha già avuto da ridire su diverse scelte di Abodi).