Alla Vuelta hanno vinto più i pro Palestina che Vingegaard: sono riusciti a fare annullare l’ultima tappa
El Paìs. Hanno monopolizzato l'attenzione per le tre settimane, hanno reso la corsa impossibile ai ciclisti. Il vincitore danese ha solidarizzato con loro: «stanno protestando per per un motivo»

Basque regional police 'Ertzaintza' officers stand as pro-Palestinian protesters holding Palestinian flags demonstrate at the finish line of the Vuelta 11th stage, in Bilbao, on September 3, 2025. Pro-Palestinian protest forces Vuelta stage to be shortened and to take the time at 3 kilometres before the line, according to the organisers, AFP reports. (Photo by ANDER GILLENEA / AFP)
È’ finita. Finalmente. La Vuelta a Espana non sarà ricordata per la vittoria di Jonas Vingegaard, 28enne corridore danese che assieme a Tadej Pogacar sta dominando il ciclismo degli ultimi anni. Sarà ricordata per le proteste dei manifestanti propalestinesi, che da settimane protestano contro l’offensiva di Israele a Gaza e in particolare contro la presenza del team Israel-Premier Tech in gara. I manfestanti sono riusciti questo pomeriggio a bloccare il gruppo appena entrato a Madrid. Lo racconta El Pais
Il blocco dell’ultima tappa della Vuelta
La Policía Nacional era già intervenuta contro gli attivisti che si erano introdotti sul percorso all’altezza di Atocha, Cibeles e Gran Vía. Nonostante il dispositivo di sicurezza contasse circa 1.500 agenti per cercare di blindare la corsa da Alalpardo a Madrid, non è stato possibile impedire che le manifestazioni fermassero i corridori. Costringendo all’annullamento della tappa al chilometro 57, a 43 dal traguardo, nei pressi dei Jardines del Moro del Palazzo Reale. Dopo la sospensione, migliaia di manifestanti hanno invaso il centro di Madrid — Gran Vía, Recoletos, Paseo del Prado e Cibeles — con bandiere palestinesi e kefiah, il tradizionale foulard mediorientale. Il danese Vingegaard, dopo il trionfo di ieri sulla Bola del Mundo con cui ha avuto la meglio su Almeida e Pidcock — gli altri due sul podio —, vince per la prima volta la corsa e aggiunge una Vuelta ai suoi due Tour de France.
Le manifestazioni durante la Vuelta
Il post ricorda:
Le manifestazioni pro Palestina, contro la guerra a Gaza e soprattutto la presenza di una squadra israeliana, la Israel-Premier Tech, si sono fatte molto notare e in diverse occasioni hanno costretto gli organizzatori a cambiare il percorso delle tappe e a farle finire prima. Ciò per evitare che la presenza dei manifestanti sulle strade creasse un pericolo per i ciclisti. In un paese tra i più attivi in Europa nel sostegno alla Palestina (e più duri con Israele), le proteste sono state molto partecipate. Almeno a livello ciclistico hanno ottenuto un risultato tangibile, seppur simbolico: la Israel-Premier Tech, creata per promuovere l’immagine del paese nel mondo attraverso lo sport, ha tolto la parola Israel dal suo nome.
Vingegaard aveva sostenuto i manifestanti
Lo stesso Vingegaard si è esposto in favore della causa dei manifestanti. Le persone che protestavano «lo stanno facendo per un motivo», ha detto: «È orribile ciò che sta succedendo» (a Gaza). In effetti più che per quanto successo a livello ciclistico la Vuelta di quest’anno si è spesso fatta notare, e probabilmente si farà ricordare, proprio per l’intensità e l’efficacia delle proteste pro Palestina.
La politica spagnola si spacca
La vicepresidente seconda del Governo, Yolanda Díaz, ha pubblicato sulla rete sociale Bluesky il suo “sostegno alle mobilitazioni per il popolo palestinese” dopo che l’organizzazione della Vuelta ha dovuto cancellare l’ultima tappa, a 56 chilometri dall’arrivo a Madrid. “La società spagnola non tollera che si normalizzi il genocidio a Gaza in eventi sportivi e culturali. Israele non può partecipare a nessun evento”, ha scritto. Sulla stessa linea, la segretaria generale di Podemos, Ione Belarra, ha accolto con favore il blocco della Vuelta e ha affermato: “Questo genocidio lo fermeranno le persone decenti in tutto il mondo”. Anche il ministro per la Trasformazione Digitale, Óscar López, si è schierato dalla parte dei manifestanti scrivendo su X: “Mi dispiace per la Vuelta, ma mi dispiace molto di più per le centinaia di migliaia di palestinesi che stanno venendo massacrati”. E ha risposto inoltre al leader del PP, Alberto Núñez Feijóo, che aveva accusato il Governo di aver “permesso e favorito la mancata conclusione della Vuelta e, in tal modo, un ridicolo internazionale trasmesso in tutto il mondo”. “Che il popolo di Madrid si manifesti contro un genocidio non danneggia l’immagine della Spagna. Al contrario. Parla molto bene del popolo di Madrid”, ha scritto. Dal canto suo, la ministra della Sanità, Mónica García, ha replicato sempre su X alla presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, che aveva accusato Sánchez di essere il “responsabile diretto” della cancellazione dell’ultima tappa della Vuelta: “La presidente che applaude un genocidio e che chiama figlio di p*** il presidente del suo Paese, dice che ciò che danneggia l’immagine della Spagna è la dignità del suo popolo che difende il popolo palestino”.