Velasco: «Sono solo un allenatore. Quando mi dipingono come un guru, mi rompo i coglioni di quel me stesso»
Al Corsport: «tante frasi che mi hanno attribuito non le ho mai pronunciate, addirittura un libro mai scritto. Mi sento Chance il giardiniere». Perché considera Vasco Rossi un modello

Parigi (Francia) 28/07/2024 - Olimpiadi Parigi 2024 / volley / Italia-Repubblica Dominicana / foto Image Sport nella foto: Julio Velasco
Velasco: «Quando mi dipingono come un guru mi rompo i coglioni di quel me stesso, sono solo un allenatore»
Ivan Zazzaroni, direttore del Corriere dello Sport, intervista Julio Velasco con l’obiettivo di fare un po’ di chiarezza sul tecnico che ha portato la Nazionale femminile di pallavolo a vincere in due anni l’Olimpiade e il Mondiale.
Tu sei quello che… «i giovani vogliono sempre tutto e subito. Sta a noi adulti non darglielo; sta a noi adulti cominciare a dire dei no». Alle tue tre figlie hai detto tanti no?
«Mi presentano ancora la fattura… Questa però è mia».
Cosa intendi dire?
«Che tante frasi che mi hanno attribuito non le ho mai pronunciate… All’università approfondii la lettura di “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pi-
randello, personaggi che prendono vita. Un altro libro che mi è tanto piaciuto è “Oltre il giardino”. Ci hanno tratto un fi lm con Peter Sellers. Ecco, io mi sento tanto Mister Gardener, Chance Giardiniere… C’è addirittura chi è convinto che io sia l’autore di un libro, “Il codice Velasco”, nel quale vengo descritto come uno che giocava a pallone scalzo sulla strada a La Plata, la polvere che mi copriva i piedi. Ma nemmeno Maradona ha mai giocato scalzo. La mia era una famiglia della media borghesia, mia madre professoressa d’inglese… Di quel codice non so nulla».
Questa l’hai detta l’altro giorno perché l’ho sentita con le mie orecchie: «Quando il personaggio prevale sulla persona è l’inizio del declino».
«Non l’inizio del declino, quello soltanto se la persona diventa il personaggio. Se finisce per crederci. Io sono semplicemente un allenatore di pallavolo, questo è ciò che so fare. Quando mi dipingono come una specie di guru mi rompo i coglioni di quel me stesso».
«Il nostro è un mestiere nel quale dobbiamo far funzionare le cose. Le idee, il metodo, la tattica… penso che la parte più importante sia l’adattamento ai gruppi e al momento. (…) Nello sport è difficile capire se sei buono o non buono, di solito te lo fa sapere l’avversario. Così come non è semplice comprendere perché alla gente una squadra piace tanto e un’altra meno. Mistero. Io dico sempre di guardare a Vasco Rossi».
Per cosa?
«Tecnicamente non è il miglior cantante in circolazione, ma arriva a tutte le generazioni perché trasmette qualcosa di forte e comprensibile».