Juventus, chiamarlo “processo plusvalenze” vuol dire banalizzare. Il reato è l’inganno degli investitori e dei mercati

È un reato contro la stabilità e la trasparenza dei mercati finanziari. La Juventus è quotata in Borsa. La richiesta di patteggiamento evita il processo e di accertare il dolo

Agnelli Nedved e Paratici Juventus

Mg Torino 18/02/2018 - campionato di calcio serie A / Torino-Juventus / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Andrea Agnelli-Pavel Nedved-Fabio Paratici

Juventus, chiamarlo “processo plusvalenze” vuol dire banalizzare. Il reato è l’inganno degli investitori e dei mercati

Protezione degli investitori e mercati pubblici

La richiesta di patteggiamento nel processo Prisma, avanzata dal pubblico ministero su richiesta degli indagati Agnelli, Nevded, Scanavino, e Paratici, ha richiamato poca attenzione sulla stampa generalista, e ancor meno su quella sportiva.

Il refrain è quello classico del giornalismo recente italiano, in cui i fatti si mischiano alle opinioni confondendo i lettori, al punto che i primi diventano un miraggio. Ai giornalisti – tendenzialmente ignoranti in materia – si aggiungono gli opinionisti prezzolati o autocensurati.

In Italia, tradizionalmente, i giornalisti “scaltri” evitano di dare notizie scomode, anticipano la censura per non essere invisi al potere. A scanso di equivoci – capita anche a Napoli in scala minore (perché il giornalismo è inevitabilmente più provinciale e con meno impatto nazionale). Qualcuno se ne vanta pure, ma lasciamo perdere…

Patteggiamento sì, patteggiamento no.

E allora proviamo noi ad essere precisi, e a spiegare questo – per ora potenziale – epilogo del processo Prisma (chiamato bonariamente “processo plusvalenze”).

Cominciamo subito col dire che nel diritto penale italiano il patteggiamento non equivale all’ammissione di colpa (in America sì, ma lasciamo stare) È un artificio giuridico costruito per snellire la macchina giudiziaria, evitare lunghi e dispendiosi processi e garantire almeno un minimo di punibilità (per esempio evitando la prescrizione che in Italia, unico paese al mondo, non si interrompe all’inizio del processo penale).

E però la domanda è legittima: se uno è convinto di essere innocente e di poterlo provare – o almeno di spuntarla grazie alla prescrizione – in genere tende ad andare a processo. Quindi sì, molti juventini (perché in Italia si tifa anche nei processi penali) dicono che gli indagati sono innocenti anche se hanno patteggiato, e tecnicamente hanno ragione. Ma il sospetto che abbiano patteggiato per evitare la galera rimane.

Mercati privati contro mercati pubblici

Queste sono, però, questioni procedurali. Di seguito la sostanza.

Il processo viene descritto dai giornalisti come “processo plusvalenze.” Detto cosi’, sembra una roba innocente (la plusvalenza è un concetto di contabilità, mica un reato). In realtà, l’uso sistematico delle plusvalenze da parte della Juve è servito – secondo la tesi del pubblico ministero – a commettere il reato di falso in bilancio, cui si aggiungono reati cosiddetti “contro il mercato.”

Cosa significa? Per spiegarlo, bisogna chiarire la differenza tra mercati “privati” e “pubblici.”

Le società non quotate sono considerate dal legislatore – e anche dai professionisti della finanza – investimenti tendenzialmente più rischiosi, generalmente non accessibili a investitori privati non sofisticati (le eccezioni sono stabilite da una serie di regole europee recepite dalla legislazione italiana e implementate dalla Consob). Questo perché alcuni obblighi di trasparenza e di comunicazione agli investitori, costruiti per dare a chi investe “in borsa” dati precisi su cui basare la valutazione delle aziende quotate, non si applicano alle società non quotate.

Per dirla semplicemente, un investitore istituzionale (un fondo) come RedBird potrebbe comprare quote del Torino o del Napoli, ma Mario Rossi no. E la ragione è che RedBird ha analisti che riescono a individuare, anche in assenza di comunicazioni trasparenti, attraverso una lunga operazione di due diligence, se ci sono problemi nei bilanci di Torino o Napoli.

La diversa accessibilità, in altre parole, si traduce in un diverso livello di protezione per gli investitori.

Trasponendo questo principio nel caso specifico, la violazione di bilancio della Juventus ha prodotto conseguenze non solo – come potrebbe essere ipoteticamente per i soci della Fiorentina o del Perugia – per un pugno di sofisticati investitori istituzionali. Ha potenzialmente ingannato gli investitori retail, i quali si sarebbero trovati nella condizione di non conoscere il reale stato patrimoniale della Juventus.

Nello specifico, nascondere delle liabilities dai conti ufficiali vorrebbe dire comunicare agli investitori informazioni false. Ed è sui risultati trimestrali (conto economico e cassa) che spesso si basa la decisione di investire o meno (la società X ha guadagnato più o meno delle previsioni?) perché la valutazione del titolo di borsa si basa sui risultati economici.

Tradotto in diritto penale, il reato societario per il quale è stata avanzata la richiesta di patteggiamento dai dirigenti della Juventus non è solo un reato “contro il patrimonio.” È un reato contro la stabilità e la trasparenza dei mercati finanziari. Il funzionamento dei mercati finanziari, che è fondamentale per garantire capitale alle società quando diventano molto grandi, si basa – si fonda – sulla trasparenza, sui cui poggia la fiducia degli investitori. Se manca, il meccanismo intero crolla.

Il falso in bilancio della Juventus tocca, cioè, un interesse pubblico potenzialmente molto più importante del “patrimonio” – la tutela del consumatore (cioè dell’investitore retail).

Per concludere:

1. Un risultato economico artificialmente gonfiato gonfia artificialmente la valutazione. Questo risultato convince investitori a comprare il titolo – quindi a “gonfiare” ulteriormente il valore dell’equity della Juventus (che è dato dal numero di azioni * valore delle azioni).

2. La gravità del comportamento è direttamente proporzionale alla natura del “valore” leso (nel caso specifico, non solo il patrimonio, ma anche la fiducia degli investitori-consumatori)

3. Oltre all’elemento fattuale – se ci sono state queste falsificazioni – il processo dovrebbe provare l’esistenza del “dolo” – cioè della volontà di ingannare soci e investitori da parte dei potenziali imputati.

Nessuno sa come finirebbe il processo. E nessuno può dire con certezza se i dirigenti della Juventus siano colpevoli. Il punto principale spiegato in questo breve pezzo è che le plusvalenze fittizie non hanno le stesse conseguenze per società che attingono a capitale pubblico (non nel senso di statale, ma nel senso di pubblico “accesso”) rispetto a quello che sono “investable” solo da investitori istituzionali.

Il motivo è che l’investitore non istituzionale è più vulnerabile, e quindi necessita di maggiore protezione. E nell’ambito di questa protezione si inserisce anche una punizione potenzialmente più alta per un reato simile.

La Juventus ha implicitamente accettato i maggiori obblighi di trasparenza quando ha chiesto e ottenuto di vendere titoli azionari al pubblico, che è ritenuto un vantaggio perché consente di aumentare la base di investitori e raggiungere valutazioni più alte. Fosse stata una società privata, sarebbe stata trattata in modo diverso.

Ed è incredibile come nessun giornalista, sportivo o no, lo abbia ancora detto.

Alfonso Ricciardelli, CFA, CAIA

P.s. Questo articolo contiene inevitabili semplificazioni. Per spiegazioni piu’ tecniche, inviate una mail al Napolista e sarò felice di mandare un follow up.

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