Buffon gigante da Prima Repubblica: il potere, quello vero, si comporta così

Ha dominato comunicativamente la conferenza. Poche parole, mai banali, ha sorvolato con savoir faire su Mancini. Chi doveva capire, ha capito

Buffon

Dc Roma 19/06/2025 - presentazione Commissario Tecnico Nazionale di Calcio / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Gianluigi Buffon-Rino Gattuso

Buffon gigante da Prima Repubblica: il potere, quello vero, si comporta così

Ci sono tre persone al tavolo dei relatori della conferenza di presentazione di Rino Gattuso nuovo commissario tecnico della Nazionale. Il primo è Gravina, il presidente della Federcalcio, che ha parlato in apertura. È il padrone di casa. Ha spiegato la scelta di Gattuso e bla bla bla. Il secondo è l’attore protagonista, il prescelto, l’uomo da copertina. Ha risposto a tutte le domande. Il terzo è rimasto in silenzio. Ha parlato solo quando è stato interpellato. Secondo un vecchio adagio di filosofia della politica, il potere di una persona è inversamente proporzionale al suo grado di esposizione. Non sappiamo se sia vero. Di certo era un caposaldo della Prima Repubblica, quando i politici apparivano il meno possibile e, quando invitati a parlare, si esprimevano – vivaddio – in politichese e non conoscevano altra cifra che quella della complessità.

Gravina ha mostrato impaccio all’unica domanda ricevuta, quella su Ranieri. Gattuso agli esordi delle sue avventure sposa sempre il low profile, però poi alla domanda sugli scarsi risultati ottenuti si è irrigidito. Lui, il democristiano di lungo corso (anche se forse la definizione non gli farà piacere), invece non si è minimamente scomposto alla domanda sulla notizia pubblicata da La Sicilia (e mai smentita) di sue minacce di dimissioni in caso di ritorno di Roberto Mancini. Che, per inciso, ci pare che non lo portò agli Europei vinti in Inghilterra.

Come i veri uomini di potere, Buffon se l’era preparata la risposta. E ha saputo anche fingere stupore e improvvisazione. “Come faccio a dimettermi se ho un contratto annuale che scade a fine giugno?” Ma non ha smentito. Né si è scomposto. Come quando giocava. Non si è reso protagonista del tradizionale numero sui giornalisti che inventano tutto, che lui mai e poi mai e corbellerie simili. No. Ha risposto alla Andreotti. E poi ha parlato di scelta condivisa alternando prima persona singolare e plurale. In modo da rendere chiaro il concetto.

Peraltro nelle due risposte ha espresso concetti chiari e decisamente non banali. Ha parlato di scelta funzionale, la più adatta al momento. Ha preso spunto dalla domanda che ricordava gli elogi di Luis Enrique a Gattuso per dire la sua sulla tendenza ad affibbiare etichette. Buffon in purezza. Poche parole, ma chiare. Come quando, all’indomani della sconfitta interna col Napoli (il colpo di testa di Koulibaly), spiegò così il confronto che c’era stato nello spogliatoio bianconero: «Chi doveva parlare, ha parlato. Chi doveva ascoltare, ha ascoltato». Per quelli che proprio non avessero ricevuto il messaggio di oggi in conferenza, ha concluso così: «Sono responsabilità che si prendono, poi sarà il tempo a dire se è stata una scelta giusta o no e pronti a fare un passo indietro». Potrà avere tanti difetti Buffon, di certo – per dirla parafrasando Jep Gambardella – non è oscuro.

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