Napoli e la malattia di vincere facile: lo sport è sofferenza, non sappiamo più goderci niente

“Intossicati” dallo scudetto. È disabitudine sociale. Oltre che ignoranza sportiva. Ha ragione Conte. Rinneghiamo la fatica della lotta, l'agonismo, la resistenza dei rivali

Napoli, Conte, Guardian

"Cazzo, vuoi pure non soffrire? Se non volete neanche soffrire, mi arrendo, questa piazza è troppo me". Le parole di Conte vanno impresse nel cielo di Napoli

Napoli e la malattia di vincere facile: lo sport è sofferenza, non sappiamo più goderci niente

“Cazzo, vuoi pure non soffrire? Se non volete neanche soffrire, mi arrendo, questa piazza è troppo me”
                                                                                                                                                                 Antonio Conte

Al minuto 98 della penultima giornata di campionato avremmo dovuto fermare tutto. Stop, pausa. Se avessimo avuto la prontezza di riflessi di interpretare il momento, invece di vivercelo in immersione, avremmo fatto degli screenshot buoni non tanto per pubblicarli sui social (chissenefrega) ma per riprodurli in un poster a tutta parete. La felicità ricordatela così, Mario: graffiante, dolorosa, ambigua. Lo sport non è masturbazione, è afflizione. La vittoria è un’esplosione, ma ne devi uscire indolenzito.

Al minuto 98 della penultima giornata di campionato c’erano le due partite scudetto bloccate – in contemporanea – da un “check Var in corso”. La sospensione della realtà. Inter-Lazio sul 2-2 per un gol in fuorigioco di Arnautovic; Parma-Napoli per un rigore su Neres viziato da un precedente fallo di Simeone, sullo 0-0. Una goduria. Terribile, meravigliosa, ripugnante, spettacolare, spaventosa goduria.

Invece no: l’abbiamo assorbita come un trauma. Il Napoli ha passato la nottata avviandosi all’ultima giornata con un +1 da capitalizzare sul traguardo, al Maradona con il Cagliari salvo. E noi, il ventre molle della città tifosa, ne siamo usciti malissimo. A pezzi, devastati, intossicati. Come presi da una cataratta fulminante che ci rende ciechi: impossibilitati ad assaporare il processo, l’attimo, la fatica, lo sfinimento. Tutto l’armadio di emozioni che è poi il preliminare dell’orgasmo. Lo sport, nel suo fondamento magmatico.

È una disabitudine sociale: non sappiamo più godere. Anche se siamo convinti di non avere altro dio che la festa, perpetuata a uso e consumo altrui dalla riproduzione entusiastica di ogni minuto della nostra vita apparente. Lo smartphone puntato avanti, a registrare l’evento invece di viverlo. Tutto ciò che c’è sotto, la preparazione, il sobollore, la costruzione della gioia – o della rovina, senza la quale per contrasto la felicità poi avrebbe meno gusto – è ormai considerato uno scarto. Lo rinneghiamo. Pretendiamo il risarcimento emozionale senza il disagio. Vincere come imperativo categorico. Dominare. Renderci impermeabili alla possibilità che la festa ci venga sottratta. Il terzo scudetto ha aderito a questa misconoscenza dell’agonismo. Un tranello: la fuga come metro, misura, del successo. Una rarefazione che non ha niente a che fare con lo sport. Succede, certo. Ma è un’eccezione. Ed è nel complesso meno appagante – ma sono gusti – della tensione d’un possibile scudetto all’ultima giornata, dio non voglia allo spareggio.

Il Napoli vinse così – soffrendo – i primi due scudetti. E quella Napoli era pirotecnica, o forse i ricordi hanno attenuato gli spigoli della realtà. Sono sempre dolci, i ricordi. Ma basta aprire una finestra stamattina per annusare l’intossico cittadino. Una chat qualunque. Andare al bar, come usava un tempo, per rapportarsi col mondo. E “Lukaku annullato da un ragazzino”, e “gli dovevamo schiattare la capa”, e “facciamo una statua a Pedro, e “vinciamo sto scudetto ma poi Conte se ne andasse, basta”, “entusiasmarsi per questo pareggio è da depravati”. Non tutto così, ma molto così. Scorie, tossine, di una società patologicamente afflitta dall’irritabilità. Assuefatti all’insoddisfazione.

Volevamo lo scudetto, lo volevamo bello, possibilmente a febbraio. Un trionfo igienico, che ci permettesse di abbigliare il centro storico con i fascioni di plastica, di stendere le nuove magliette posticci sui fili dei panni, per i turisti. Quel bus scoperto non si organizzerà da solo, tantomeno con mezza riunione in Prefettura. Maleducati: ridursi all’ultima giornata, farci spantecare così… non si fa.

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