Jacobs: «La fase più buia dopo la gara di Parigi. Ero a Monaco senza una vera diagnosi, stavo per crollare»
A la Stampa: «Lyles e Kerley? I battibecchi creano interesse, sono un gioco. Lyles mi ha detto: “Con te i 100 sarebbero stati più difficili”»

A member of Italy's silver medal team, Italy's Lamont Marcell Jacobs (R) embraces USA's Noah Lyles (C) after the USA team win the men's 4x100m relay final during the World Athletics Championships at the National Athletics Centre in Budapest on August 26, 2023. (Photo by ANDREJ ISAKOVIC / AFP)
Si chiudono i Mondiali di atletica a Budapest. La grande incognita dell’atletica italiana era Marcell Jacobs, l’uomo più veloce delle Olimpiadi di Tokyo scomparso dalle piste per oltre un anno. A Budapest è tornato a correre. Chiara la mancanza di una preparazione sufficiente. Non ha raggiunto la finale dei 100 metri ma in staffetta, insieme ai suoi fratelli azzurri, ha conquistato l’argento.
La sua intervista alla Stampa:
«Da secondo frazionista vedi la gara. Io ero un po’ più contratto rispetto alla batteria, ma il cambio con Patta è stato perfetto, filante. Ho seguito da lì ed ero più teso che per la mia gara individuale a Tokyo. Quando Filippo è partito ci siamo messi tutti a urlare».
Jacobs continua:
«Ho gareggiato più in questi giorni che in tutto l’anno. Venivo da due mesi di incognite e me ne vado con una ritrovata scioltezza. Ho vissuto un passaggio fondamentale e nonostante il percorso accidentato l’ho fatto senza nascondermi. Con Tortu parlavamo di oro in staffetta».
L’oro difficile ma non impossibile. La speranza era l’errore degli Usa che pure c’è stato ma non abbastanza da permettere a Jacobs & Co. di conquistare il gradino più alto del podio.
Proprio i velocisti americani hanno stuzzicato Marcell:
«I battibecchi servono per creare interesse, sono un gioco. Piuttosto mi ha fatto piacere che Lyles abbia detto: “Con te non sarebbe stato così semplice vincere i 100”. I giamaicani, terzi, sono scomparsi dalla pista. L’hanno presa male».
Poi sulla fase più difficile della sua carriera:
«La fase più buia dopo la gara di Parigi, piena di dubbi sapevo di avere tempo di lavorare, e su quello ho investito, quando il tempo era praticamente scaduto e io mi trovavo a Monaco senza una vera diagnosi ai miei fastidi, con nuove possibili cause da testare e una serie di conseguenze a catena stavo per crollare. Mancavano dieci giorni, mi sentivo perso. Ho lavorato a livello mentale, ho imparato a visualizzare le gare per non farmi disorientare. Il primo obiettivo della prossima stagione è restare sano».
Il racconto prosegue:
«Dopo le indoor, che non sono andate come volevo, ho fatto una sola settimana di vacanza, poi mi sono messo a spingere: a ogni allenamento mi chiedevo di più. Ho forzato, sovraccaricato, in futuro mi darò delle pause. Il mio personale sui100 è 9”80 e in questa stagione non lo ha fatto nessuno, rivoglio il mio posto».