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Il più grande merito di Gattuso è stato accantonare le sue idee iniziali

A Barcellona è morto il Napoli dall’inutile titìc-titòc. Ha saputo cambiare gioco e idea su Demme e Lozano. Ha voluto Osimhen. Quelle parole di Braida

Il più grande merito di Gattuso è stato accantonare le sue idee iniziali

La fortuna del Napoli è che Gattuso è notevolmente più intelligente dei suoi sostenitori. Lo scrivemmo già dopo Barcellona-Napoli, quando buona parte della tifoseria si beò della non partita mentre l’allenatore, settimane dopo, parlò giustamente di clamorosa occasione sprecata. Oggi siamo convinti che quella serata sia stato uno spartiacque nella carriera di Gattuso, ancor più che nella sua avventura napoletana.

Quella è stata la serata in cui è morto definitivamente quel che viene definito sarrismo. Quel modo di giocare, quella trama di passaggi per lo più inutili e ripetitivi, con controllo del pallone e del campo, ma che raramente porta la squadra a rendersi pericolosa. Una riedizione della Colombia di Maturana. Quel Napoli si è rivisto durante i desolanti primi 45 minuti a Parma, prima giornata di campionato, dopodiché è andato in soffitta. Si spera definitivamente.

Quella di Gattuso ha tutti i crismi di una metamorfosi meditata. Che nasce in estate, con l’acquisto di Victor Osimhen. È lui che ha consentito di cambiare radicalmente il modo di giocare del Napoli.

Per capire il nuovo Gattuso, basta guardare il primo pallone toccato dal Napoli ieri contro l’Atalanta. Dopo pochi secondi: lancio lungo di Hysaj per Osimhen. Lancio lungo. Non indietro a Ospina, non palleggio difensivo. Pronti via: lancio lungo. L’anno scorso sarebbe stato considerato sacrilegio. A fine partita – ha scritto Alfonso Fasano nella sua analisi tattica – i lanci lunghi sono stati 67. La media dello scorso anno è stata di 43.

Qui c’è la chiave della partita e della metamorfosi. C’è soprattutto l’intelligenza di Gattuso. Va dato atto a Marcello Lippi di aver avuto ragione quando disse: «È quello che mi somiglia di più perché quando le cose non vanno, cambia». Per carità di patria, oggi non ci sembra il caso di fare paragoni con Pirlo. Sarebbe mortificante per lo stesso Gattuso.

Gli va riconosciuto (a Gattuso) che ha cambiato. E molto. Arrivò a Napoli a dicembre con l’idea di riportare il 4-3-3. De Laurentiis non presentò lui, ma il ritorno del sarrismo. Il calcio verticale di Ancelotti venne riposto rapidamente in soffitta. Come se non ci fosse mai stato. Il resto lo conosciamo. Dopo aver perso contro chiunque, Gattuso cambiò idea e si convertì a un onesto gioco difensivo (per noi catenaccio, per lui no). Mise Demme davanti alla difesa e si rifece a un classico del gioco italico: primo non prenderle.

Fino a Barcellona. Da allora, Gattuso ha cambiato tante cose. Anche pareri sui calciatori. Innanzitutto Demme. Arrivato come salvatore della patria, idolatrato in maniera irragionevole (che sforzo stiamo facendo a misurare le parole), oggi è giustamente considerato il quarto centrocampista della rosa. Se non il quinto, visto che Elmas è un altro livello di calciatore. Qui invitiamo i tifosi a essere cauti su Bakayoko. Tutti e tre gli acquisti – Demme, Lobotka, Bakayoko – sono inferiori ad Allan, ma questo abbiamo e tutti e tre possono rendersi utili.

Poi Lozano. Oggi gli stessi tifosi inconsapevoli di cui prima, gridano al miracolo. La realtà è che Gattuso inizialmente ha dovuto badare a una serie di equilibri, e non parliamo di campo. Avrà fatto anche bene, ha portato la pelle a casa e anche la Coppa Italia. Mentre il popolo lo paragonava a Vargas, il tecnico calabrese sapeva di avere in rosa un signor calciatore. Doveva renderlo – diciamo – ambientalmente compatibile. Lozano è un signor calciatore. Che a 40 milioni è stato pagato persino poco, visti i prezzi del calciomercato dello scorso anno.

E infine c’è Osimhen. L’uomo che ha consentito a Gattuso di cambiare completamente il modo di giocare del Napoli. Osimhen è semplicemente devastante. Contro l’Atalanta ha trasformato ogni pallone in un’azione pericolosa. I difensori di Gasperini se lo sogneranno di notte: incubi, non sogni. La seconda rete di Lozano (quella del 2-0) nasce da un’azione da cartoni animati: con due difensori atalantini che si scontrano nel tentativo di contrastare e/o anticipare il nigeriano, il pallone finisce a a Mertens che appoggia a Lozano con il messicano che ricorda come da quella posizione il tiro giro può essere effettuato anche quando è assente qualcuno.

Osimhen, in realtà, così come Mertens, entra anche nell’azione del primo gol. È lui che smista a Politano servitogli da Dries che arretra per far partire l’azione. Fa ammonire Toloi al 36esimo. Al 37esimo, remake dei cartoni animati – fa andare a vuoto un atalantino di testa e crea un’altra azione pericolosa. Infine il suo gol, direttamente su lancio di Ospina.

Sarebbe divertente vedere i tracciati delle azioni del Napoli di Gattuso dello scorso anno e confrontarli con quelli di ieri. Ieri il Napoli arrivava in porta con tre quattro passaggi. Come professava l’innominabile. Addio a quelle trame infinite che non portavano a nulla.

Da ieri pomeriggio sono più chiare le parole pronunciate qualche anno fa da Ariedo Braida: «Tra tutti i calciatori che ho acquistato, Gattuso è nettamente quello che è migliorato di più, colui il quale ha mostrato la più alta capacità di progredire. Nessuno come lui».

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