«Se coinvolti, i napoletani partecipano. Così hanno restituito la Statua del Nilo a Napoli»
Duemiladuecento finanziatori che hanno devoluto circa 16mila euro; una gara d’appalto; un contratto di restauro di 10mila euro regolarmente registrato; un lavoro consegnato venti giorni prima della scadenza prevista e l’inaugurazione che sabato scorso è stata seguita da tantissimi napoletani al Largo Corpo di Napoli, con 1200 persone in piazza che hanno brindato con 200 […]

Duemiladuecento finanziatori che hanno devoluto circa 16mila euro; una gara d’appalto; un contratto di restauro di 10mila euro regolarmente registrato; un lavoro consegnato venti giorni prima della scadenza prevista e l’inaugurazione che sabato scorso è stata seguita da tantissimi napoletani al Largo Corpo di Napoli, con 1200 persone in piazza che hanno brindato con 200 bottiglie di spumante. Il buffet è stato offerto dai cinque bar di piazza San Domenico Maggiore che per l’occasione hanno smesso di farsi concorrenza.
È tutto pubblico, nero su bianco, consultabile sul sito www.comitatocorpodinapoli.it. Che ha riportato, cinquant’anni dopo, al centro della città la testa della sfinge che accompagnava la statua del Dio Nilo e che è stata ritrovata dai carabinieri circa un anno fa in casa di un collezionista austriaco.
Sono stati i napoletani a restaurare la statua del Nilo. Come già avvenne vent’anni fa. Anima dell’iniziativa, oggi come allora, è stato Carmine Masucci, vulcanico avvocato, grandissimo giocatore di bridge che ha più volte rappresentato l’Italia ai Mondiali, amministratore del Museo della Cappella di Sansevero. «Ho insegnato per anni diritto commerciale e ho sempre avuto un sogno: metter su un’impresa culturale in grado di fare utili».
Fu lui, che ha sposato una discendente del principe alchimista, a inventarsi nel 1988 il restauro partecipato. Allora si trattò della Cappella di Sansevero. «Il segreto – spiega – è la partecipazione. Il popolo napoletano è un popolo particolare. Siamo una grande capitale, siamo sempre stati dominati, non abbiamo una grande tradizione comunale; abbiamo sempre concepito il pubblico come altro da noi. Abbiamo bisogno di essere coinvolti». E così lui ha fatto. «Ricordo che in occasione della riapertura della Cappella, piazza San Domenico Maggiore venne sgomberata dalle automobili. Fu una grande esperienza e capii quale fosse il potenziale dei napoletani. Siamo fatti così, abbiamo bisogno di essere coinvolti».
E qualche anno dopo, nel 1992, venne fondato il Comitato per il restauro della statua del Corpo del Nilo. «Ricordo che all’epoca il basamento era occupato da Ciro, il giornalaio di piazzetta Nilo. Cominciai a coinvolgere i commercianti, gli abitanti e mi accorsi che avevano desiderio di collaborare. Venti anni dopo, abbiamo deciso di riprovarci. E le soddisfazioni sono state tante. Quando, a gennaio, abbiamo convocato la conferenza stampa e annunciato che entro Natale la statua sarebbe restaurata con la sfinge al suo posto, nessuno ci credette. E invece conferenza di presentazione, mi sono emozionato per il mazzo di fiori che mi ha portato la bancarellara della zona; la sarta di via Mezzocannone, alla quale abbiamo chiesto il telo per scoprire la statua il giorno dell’inaugurazione, non ha voluto essere pagata. È stato il suo modo di partecipare».
«Non è vero che abbiamo rifiutato i fondi europei – racconta – magari ho detto che quei fondi potevano essere utilizzati per un progetto di allora giovani architetti, parlo del 1992, per il recupero delle facciate dei palazzi storici della zona. Abbiamo rifiutato sponsor eccellenti, questo sì. Sarebbe venuto meno il senso dell’iniziativa. Non era e non è un regalo calato dall’alto, ma un dono dei napoletani alla loro città. Un’iniziativa che ha un alto valore politico: dimostra che bisogna far partecipare le persone; se coinvolti, i napoletani si mobilitano. È per questo che io mi batto per la suddivisione della città in insule, sarebbe più facile così e sarebbe meno dispersivo. La cura del territorio è importante. Il cittadino diventa al tempo stesso autore, fruitore e custode del patrimonio artistico e culturale del quartiere».
Masucci ricorda lo stretto legame degli abitanti del centro storico alla statua del Nilo. «Non l’hanno mai imbrattata, la considerano loro. Napoli ha mille problemi, chi lo nega, ma ha una indiscussa tradizione multiculturale, una tradizione bimillenaria. E la statua del Nilo, opera degli Alessandrini, ne è una testimone silenziosa».
Masucci ha scelto di mettere tutto on line. Ogni entrata, ogni spesa, ogni richiesta di autorizzazione è sul sito. In totale trasparenza. «Mancano le ultime spese, quelle per l’inaugurazione, presto le aggiungeremo». I lavori sono terminati prima del previsto. «Segno, forse, che quando si vuole è possibile rispettare i tempi. Anche qui». Il processo è stato avviato a gennaio, Masucci ha sentito le due sovrintendenze, si è fatto consigliare qualche ditta in grado di svolgere i lavoro, ha indetto una gara interna e poi ha assegnato i lavori attraverso un contratto d’appalto, anche questo pubblico.
La data dell’inaugurazione non è stata casuale: il 15 novembre, così come il primo restauro del Nilo fu presentato il 14 novembre del 2003. L’attività di Masucci e del Comitato non si ferma qui, «ma lasciatemi il gusto della sorpresa. Sono sempre stato convinto – conclude – che fosse possibile convertire la microillegalità in forme di partecipazione condivisa».
Massimiliano Gallo