McTominay: uomo grande, soprattutto giocatore vero. Porta in campo una virtù dimenticata, la concretezza
Neres, il Diavolo di Mergellina, stasera è stato il Grinch, ma non quello dei cartoni: quello che conosce le crepe dell’animo umano e le usa per far crollare certezze

Napoli's Scottish midfielder #08 Scott McTominay heads the ball during the Italian Serie A football match between SSC Napoli and Juventus FC at the Diego Armando Maradona Stadium in Naples, on December 7, 2025. (Photo by CARLO HERMANN / AFP)
McTominay: uomo grande, soprattutto giocatore vero. Porta in campo una virtù dimenticata: la concretezza
Ci sono partite che somigliano a certe frasi dei vecchi giornalisti: brevi, taglienti, difficili da dimenticare. Napoli–Juventus, stasera, è una di quelle vale a dire: Vince la migliore. Non per il risultato in sé, che pure conta, ma per il modo con cui il Napoli, incerottato come un pugile dopo quindici riprese, ha spiegato al campionato che nel calcio esistono le categorie. E che certe squadre, diciamolo senza girarci attorno, non ne fanno parte. Vedi Roma e Juventus. Il Napoli era un mosaico tenuto assieme dalla buona volontà, eppure ha disegnato calcio. Non bello per capriccio estetico: bello perché necessario. Perché quando ti mancano uomini, devi far parlare le idee. Devi lanciare nella mischia Vergara e ci entrato con tutto quello che aveva in corpo. Elmas, il cucciolo macedone che ormai cucciolo lo è per affetto più che per età, ha giocato una partita che sembrava un diario di bordo: sofferenza, generosità, una corsa che non è mai corsa per fuggire ma per esserci. Fuori ruolo, fuori algoritmo, fuori logica. Arrangiato sì, ma come certi musicisti di strada che con uno strumento scordato tirano fuori melodie che le orchestre si sognano. Ha suonato e le ha suonate divinamente.
Neres, il Diavolo di Mergellina, stasera è stato il Grinch, ma non quello dei cartoni: quello che conosce le crepe dell’animo umano e le usa per far crollare certezze. Ha preso la difesa juventina – Koopmeiners su tutti, confuso come chi entra in un libro già a metà – e l’ha colorata di verde. A tratti sembrava che gli chiedessero il permesso di fermarlo. Non l’ha concesso. Cabal si è arreso presto. Se Yldiz è considerato un “fenomeno”. Yldiz? I social fanno danni da illusionismo calcolato Lui è considerato il fenomeno e David? Lasciami perdere…
Poi la partita ha chiesto un finale. E lì è arrivato Højlund, Rasmus, il Re, ma un Re giovane, che non ha bisogno della storia per convincerti: bastano i passi giusti nei metri finali. La sua non è una sentenza, è una firma: netta, precisa, inevitabile. Non chiude una partita; sancisce una gerarchia. L’attaccante decisivo quando serve. Il gol juventino? Una parentesi nata per sbaglio. Un rimbalzo, una concessione del caso. Non un’azione, non un’idea. Non hanno sfiorato un capello del Napoli, e questo la dice più di mille statistiche.
E poi c’è Scott McTominay. Uomo grande, ma soprattutto giocatore vero. Uno che porta in campo una virtù di cui oggi c’è difetto: la concretezza. Non il pallone per il pallone, non il gesto finale per strappare applausi: il calcio. Quello che ti accompagna nei movimenti giusti, quello che ti porta a essere sempre nel posto utile, non in quello comodo. McTominay stasera ha messo la firma invisibile e indispensabile: ha fatto da ponte tra la squadra e la partita, tra l’idea e l’azione. Ha ricordato che c’è una differenza abissale tra il pallone – che rotola, capita, inciampa – e il calcio, che invece ha un ordine interno, una grammatica che solo alcuni parlano. Lui la parla, e la parla bene. Con un accento un po’ scozzese, un po’ operaio, un po’ da centrocampista che non si vergogna di fare le cose semplici perché sa che sono le più difficili. In una serata così, il Napoli ha dimostrato qualcosa che non sempre si vede: non serve essere al completo per giocare da squadra; serve essere squadra per non accorgersi delle mancanze. In una serata così, il Napoli ha dimostrato una verità antica: non serve essere al completo per giocare da squadra; serve essere squadra per non accorgersi delle mancanze. La Juventus, invece, sembra non accorgersi nemmeno delle presenze. Corre, ma senza direzione. Difende, ma senza convinzione. Attacca, ma senza intenzione. Il Napoli, anche rattoppato, ha giocato a calcio. Non sempre vince chi ne ha di più. Spesso vince chi ne capisce di più.
E stasera il Napoli ne ha capito tutto. E la cosa più comica arriva dopo: finisce la partita, il Napoli è primo, comanda, convince, domina. Ma a Sky? Si parla della Juventus. Della sua crisi, dei suoi dubbi, del suo “momento complicato”. La capolista può attendere. Il calcio è morto tante volte, ma la geografia televisiva del potere non muore mai. Napoli intanto si gode la vetta. Gli altri, come sempre, si godono le chiacchiere.











