Il sottovalutato Nicola l’allenatore snobbato dall’Italia: non è di moda, lui studia, cerca soluzioni e raggiunge gli obiettivi

È un mistero che non sia mai andato in una grande squadra. La Cremonese ha 21 punti eppure ha il valore della rosa più basso della serie A. È un grande appassionato di letture e complessi rompicapi, a Italiano lo ha preso a pallate

Nicola

Db Cremona 29/08/2025 - campionato di calcio serie A / Cremonese-Sassuolo / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Davide Nicola

Il sottovalutato Nicola l’allenatore snobbato dall’Italia: non fa l’esaltato, studia, cerca soluzioni e raggiunge i risultati

Domenica prossima il Napoli è atteso a Cremona dove sfiderà la grande sorpresa, in positivo, del campionato: la Cremonese allenata da Davide Nicola (53 anni) ha conquistato sinora 21 punti in 16 partite, pur avendo, secondo Transfermarkt, il valore della rosa più basso della serie A. È una trasferta molto insidiosa. Il Napoli dovrà gestire le gioie del successo in Supercoppa. Se da un lato la vittoria ha cancellato la caduta di Bologna in campionato, dall’altro non deve far dimenticare che il “mal di trasferta” si era poi ripalesato sia a Lisbona che a Udine. Soprattutto il Napoli deve essere consapevole che la squadra lombarda è allenata da un signore scafatissimo e mai debitamente considerato per quel che effettivamente vale.

Non sono mai riuscito a dare una risposta esaustiva alla seguente domanda: perché Davide Nicola non è stato mai chiamato ad allenare una big o almeno una società che punta a diventarlo? Forse paga la sfortuna di avere un nome al posto del cognome?

Oppure il nostro calcio in eterna crisi si esalta solo per cognomi più esportabili? Nicola venderebbe poco! Italiano invece è garanzia di appetibilità, marchio del Made in Italy che piace all’estero? Pazienza se il pur bravo tecnico del Bologna pecchi di “finalismo” acuto e non parlo dell’ennesima finale persa, ma di una difesa altissima “fine a sé stessa”, portata avanti anche contro l’evidenza più pura. Questa assurdità tutta italica ovvero allenatori iper-esaltati e altri considerati buoni solo per la provincia si è vista proprio nella recente sfida tra i due tecnici al Dall’Ara: il Bologna alzava sempre di più il ritmo di aggressioni e ri-aggressioni, la Cremonese rispondeva con disarmante semplicità, infilando gli avversari di continuo. Risultato? 3 a 1 per i grigiorossi, con buona pace dei “miracolisti”.

E già, perché i miracoli non possono avvenire di continuo. Se qualcosa di strabiliante accade spesso, quasi con materialistica costanza, la sostanza è laica, nient’affatto miracolosa. Ecco un breve e rapido ripasso del curriculum di Davide Nicola:
2012-13: alla sua prima esperienza in Serie B, riporta il Livorno in Serie A vincendo i play-off.
2015-16: alla guida del Bari in serie B, viene esonerato alla fine del girone di andata, ma con i galletti a 35 punti, il secondo score mai realizzato dal club in un girone d’andata tra il 1985 e il 2015, dopo il record segnato proprio da Antonio Conte che nel 2008-2009 aveva raggiunto quota 37.
2016-17: a Crotone ottiene una salvezza leggendaria in Serie A, recuperando uno svantaggio enorme nel girone di ritorno.
2017-18: subentra a campionato in corso a guidare l’Udinese. Viene esonerato con la squadra virtualmente salva, ad un punto sopra il terzultimo posto e con una gara ancora da recuperare contro la Lazio.
– Negli anni seguenti conduce Genoa e Torino, entrambe squadre in cui aveva militato da giocatore, alla permanenza in Serie A, subentrando in situazioni di classifica molto critiche.
2021-22: compie un’altra “impresa” sportiva, salvando la Salernitana che sembrava ormai condannata alla retrocessione.
2023-24: con l’Empoli centra la quinta salvezza consecutiva in Serie A con cinque squadre diverse, confermando la sua specialità nel subentrare e raddrizzare le stagioni. (Qui l’elogio del Guardian).
2024-25: mantiene in serie A il Cagliari di Giulini (15º posto con 36 punti). Tuttavia, quest’ultimo, a fine stagione, gli preferisce l’inesperto Pisacane.

Forse è questo legame così intimo con le salvezze a tenere lontano Nicola dalle preferenze delle società più blasonate? Chissà. Fatto sta che il Mister della Cremonese avrebbe tutta la “mistica” dell’allenatore di vertice, impreziosita da alcune “rarities” da “strano ma vero…” della Settimana enigmistica. Condensare il suo bagaglio esperienziale e la sua duttilità in pochi passaggi – quanti ne pretende per andare nell’area di rigore avversaria – è abbastanza difficile. Il suo è un approccio che si potrebbe definire “olistico”, in cui tecnica, tattica, preparazione atletica e psicologia sono interconnesse in un sistema unico. Rifiuta l’etichetta di semplice “motivatore”, puntando invece su un’analisi maniacale dei dati e delle caratteristiche umane dei suoi calciatori. Eh sì, i dati sono utili eccome, baby. Se si è capaci di leggerli ed interpretarli (“servono per oggettivare le nostre sensazioni” disse quando allenava la Salernitana). Rifiuta altresì l’etichetta di “lavoratore” (e non perché non lo sia). Piuttosto, tutti gli allenatori sono lavoratori indefessi: davvero credete che ce ne sia qualcuno che non dedichi tutto sé stesso alla causa? Qualcuno che non insista sull’etica dell’impegno e della dedizione totale, propria e dei giocatori?

La idee di calcio di Nicola sono estremante fluide, al punto che sarebbe più corretto parlare di “pratiche” piuttosto che di “idee”. Non crede ai moduli, ma all’occupazione dinamica degli spazi e delle linee. Considera l’errore fondamentale per l’apprendimento, vedendolo non come un fallimento, ma come l’unico vero motore per il progresso tecnico. «Quando un giocatore si trova in difficoltà durante una partita importante, non farà la cosa più razionale, non farà quella più semplice, non farà quello che gli dico io. Farà qualcosa che sa fare da tutta la vita» (così si espresse di fronte ad una platea di affascinati studenti). In un quadro caratterizzato dall’assenza di certezze, l’unico orientamento fisso dell’allenatore senza cognome è il “metodo Kaizen”, ovvero la ricerca del miglioramento continuo e quotidiano, per costruire un’identità di squadra solida e consapevole.

Ok, ora vi starete immaginando una sorta di “santone”, un guru stravagante, ma persuasivo. Nulla di tutto ciò. Per Nicola l’empatia e la flessibilità sono il collante essenziale: dall’esperienza ha imparato che senza relazioni umane autentiche e profonde, nessuna strategia tattica può portare a risultati duraturi. La sua comunicazione è basata sulla trasparenza e sulla sfida, condividendo con i giocatori l’obiettivo di uscire fuori dalle zone di comfort per superare i limiti.

Naturalmente, anche perché abituato a gestire squadre che devono salvarsi, Nicola predilige una fase difensiva “aggressiva”, volta a recuperare palla velocemente per trasformare subito l’azione in verticalità e attacco. Ma non crediate che questo sia un mantra: provate a rivedere con attenzione tutti i 90 minuti di una qualsiasi partita di una sua squadra. Troverete tante partite in una sola partita, come delle matrioske infilate l’una nell’altra. Integra costantemente la cultura (filosofia, letteratura) nel lavoro di campo, credendo che un calciatore più consapevole sia un atleta migliore. Sarà perché è un grande appassionato di letture e complessi rompicapi – spesso cita Platone o Confucio nelle interviste e paragona gli schemi tattici al cubo di Rubik – ma l’allenatore senza cognome applica la dialettica al calcio, evitando di sedersi su qualsiasi convinzione: «io e il mio staff lavoriamo sempre per soluzioni, mai per schemi».

Saranno state queste “stranezze” a spingere i baroni della Figc a preferirgli Gattuso? Non lo sapremo mai. Eppure, la scelta resta incomprensibile: se Davide Nicola è schiacciato dall’etichetta del mago delle salvezze impossibili, chi, se non lui, sarebbe stato perfetto per condurci alla salvezza, evitando l’inferno dell’ennesima non qualificazione ai mondiali?

Domenica il Napoli dovrà dare prova di aver dimenticato le gioie d’Arabia e dimostrare un’applicazione perfetta delle indicazioni di Antonio Conte. La Cremonese è un osso molto duro, soprattutto sul piano agonistico e tattico. Del resto da uno che allena la gestione della partita ricreandone in settimana l’esatto contesto agonistico – dalle dimensioni del campo fino alla simulazione di eventuali svantaggi nel punteggio, curando ogni dettaglio logistico (addirittura con gli uomini dello staff seduti in panchina nella medesima posizione che assumeranno nella partita vera) – e che offre ai giocatori una immersione ambientale totale, non ci si può aspettare che una sfida molto difficile.

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